Toscana terra di frane: 112mila quelle presenti nel censimento regionale

Lucca guida la classifica per numero, 20.708 seguita da Firenze, Pisa e Grosseto. Ma è Massa Carrara quella con la percentuale maggiore rispetto al territorio, 15,9% seguita da Pistoia e Firenze. Chiude Livorno

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 aprile 2013 13:00
Toscana terra di frane: 112mila quelle presenti nel censimento regionale

Sono ben 112.759 le frane totali presenti in Toscana mentre sono 23.519 quelle attive. Lucca prima per numero di frane. A guidare la classifica delle province con il maggior numero di frane è Lucca con 20.708 frane totali e 4.699 quelle attive. Segue a breve distanza da Firenze, 16.193 totali e 3.701 attive. Leggermente più distaccate Pisa dove le frane sono 15.258 e quelle attive 2.821, e Grosseto, 13.143 totali e 3.860 attive. Il resto della classifica vede Siena (12.871, 2.472), Arezzo (10.596, 1.363) e Massa Carrara (10.534, 3.362).

Chiudono Pistoia (9.543, 1.013), Livorno (2.797, 177) e Prato (1.116, 51). Massa Carrara guida per territorio franoso. Una classifica che però cambia completamente aspetto se si guarda la franosità totale cioè il numero delle frane rispetto al territorio interessato. Massa Carrara ha la percentuale maggiore, 15,9% seguita da Pistoia, 13,35%, Firenze 12,23%, Arezzo 11,99%, Lucca e Pisa 10,90%. Quindi Prato 9,08%, Siena 8,78% e Grosseto 8,05%. Chiude Livorno con solo il 5,16%. È il quadro che emerge dai numeri della “Banca Dati Frane e Coperture” della Regione Toscana, recentemente aggiornata.

«Le copiose piogge che hanno caratterizzato l’ultimo triennio hanno lasciato una pesante eredità in termini di frane. Dal collega Guido Lavorini, consigliere dell’Ordine dei Geologi e responsabile della P.O. "Geologia, Pedologia e Banche Dati Geotematiche" della Regione Toscana riceviamo dati per nulla tranquillizzanti», commenta Maria Teresa Fagioli presidente dell’Ordine dei Geologi della Toscana. Per la tutela del territorio neppure promesse elettorali da non mantenere.

«Per difendersi dalle conseguenze da fastidiose a tragiche (frane, alluvioni) di questa lunga stagione delle piogge, un po’ più intense e frequenti di quanto ci eravamo abituati decenni addietro, l’andazzo dei “grandi rivolgimenti politici”, di cui tutti i media straparlano, non promette niente di buono», continua Fagioli. E non si può neppure sperare che possa cambiare qualcosa. «Se è noto che programmi e promesse elettorali ben di rado vengano mantenuti appieno, a questa tornata non possiamo neppure sperare che il nuovo Parlamento mantenga le promesse perché, in materia di manutenzione e tutela del territorio, salvo rare e poco approfondite eccezioni, nemmeno le promesse abbiamo avuto.

Eppure, una buona percentuale dei dissesti idrogeologici dell’ultimo inverno in Toscana avrebbe potuto essere evitata con una manutenzione ordinaria del territorio e con la dismissione di scelte urbanistiche, datate per lo più dal dopoguerra agli anni ’80, talmente folli da sembrare incredibili». Che la Toscana sia a rischio frane è risaputo. «Di frane ed alluvioni in Toscana si parla ormai ad ogni pioggia. Eppure i geologi le aree a rischio le hanno tracciate, verificate da tempo e le aggiornano costantemente», continua la presidente Fagioli.

«Le recenti ricorrenti serie di dissesti sono conseguenza di un incremento di vulnerabilità del territorio dovuti a fattori atmosferici e geologici, ma anche di quella accelerazione economico-urbanistica che ha portato a costruire dove per millenni si sapeva non esser saggio farlo. Non sempre però – commenta la presidente - è sensato, anche economicamente, cercare come troppe volte si fa, soluzioni tecnologico ingegneristiche ad elevato costo per rabberciare situazioni idrogeologicamente insostenibili.

Prima di ogni tentativo di “messa in sicurezza” sarebbe ragionevole stimare economicamente beni ed attività a rischio, e se per “salvarli” bisogna spendere dieci o cento volte il loro valore, avere il coraggio di decidere una rilocalizzazione, piuttosto che una “messa in sicurezza” che non poche volte si limita a spostare il rischio ad altre aree, magari di competenza di un’altra amministrazione». Le parole d’ordine, manutenzione e rischio sostenibile. «La regola in fondo è semplice: quanto più si siano modificate le dinamiche naturali del territorio quanto più bisogna preventivare di spendere per evitare o rimediare effetti collaterali indesiderati.

La valutazione preventiva del rischio sostenibile è l’unica opzione che consente agli amministratori pubblici di non “attentare” a beni ed incolumità degli abitanti e dei loro eredi. Quella del “rischio sostenibile” è una cura lenta, ma anche l’unica in grado di ridurre con certezza i costi della gestione del territorio e senza imbarbarirsi. La Toscana, parte da una situazione sicuramente migliore di tante altre aree europee e nazionali, e può vincere questa sfida, ma deve scegliere: o un bollettino di guerra ad ogni temporale, o una vigilanza continua, anche quando non piove».

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