Armature giapponesi al Museo Stibbert

Una delle raccolte più importanti al di fuori dell'Impero del Sol Levante

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 marzo 2013 22:29
Armature giapponesi al Museo Stibbert

Settanta capolavori provenienti dalla Collezione giapponese di Frederick Stibbert esposti in un allestimento emozionante che conduce il visitatore nel esotico mondo dei samurai, guerrieri coraggiosi ma anche raffinati committenti di armi e armature. Il fascino terribile e, allo stesso tempo, seducente che le magnifiche corazze e gli stravaganti elmi riescono ancora oggi ad emanare – si pensi alle tante interpretazioni di artisti e scenografi contemporanei – è stato il punto di partenza per una mostra che mette in risalto i materiali e le tecniche artigianali grazie alle quali gli artisti giapponesi furono in grado di creare vere e proprie opere d’arte dove la potenza dell’acciaio era resa ancor più affascinante dal contrasto con gli ornamenti in seta dai colori cangianti, in pelli abilmente conciate e in splendenti lacche.

Armature impressionanti, elmi fantasiosi, lame terribili si affiancano a selle e staffe dalle forme inconsuete, paraventi dipinti e dorati, scatole in lacca colorata e brillante. E’ il corredo del Samurai, pronto a morire in ogni momento per il suo signore, ma che ama circondarsi in vita di oggetti di raffinata eleganza. La Collezione giapponese di Frederick Stibbert (1838-1906) è una delle più importanti raccolte al di fuori del Giappone. Stibbert fu tra i primi collezionisti ad interessarsi, alla metà dell’Ottocento, alle opere provenienti dalle terre del Sol levante, e la sua raccolta ancora oggi stupisce per la ricchezza e l’importanza delle opere che conserva.

La mostra è stata realizzata con il contributo di Ente Cassa di Risparmio di Firenze. Si ringraziano inoltre Museo Salvatore Ferragamo e Marchesi de’Frescobaldi. LA GENESI DELLA COLLEZIONE GIAPPONESE La collezione giapponese del Museo Stibbert è una delle più importanti e numerose conservate fuori dal Giappone (circa 2600 pezzi), e si forma durante la seconda metà dell’Ottocento, dopo la riapertura del mercato Giapponese al commercio internazionale, avvenuta nel 1854. Come molti altri europei, Frederick Stibbert (1838-1906) aveva potuto apprezzare l'arte giapponese all'Esposizione Universale di Parigi del 1867, dove probabilmente aveva comprato i primi vasi di porcellana della raccolta.

Il primo acquisto di armi giapponesi è però documentato nel marzo 1872 quando venne comprato un Guerriero completo Giapponese, seguito da uno Stile Giapponese ed il 25 ottobre da 1 Sciabola lacca e bronzo ciselato con coltello. I primi acquisti avvenivano a Firenze presso l'antiquario Janetti, e per tutti gli anni Settanta, Firenze rimane la sede privilegiata per gli acquisti di oggetti provenienti dal Giappone, dove Stibbert si rivolge anche ad altri fornitori: dalla famiglia Laschi, al Magazzino Cinese, a Eligio Montelatici, a Giuseppe Pacini e all’Emporio Giapponese.

Per trovare nell'archivio i primi acquisti all'estero, bisogna attendere il 1876, quando a Parigi troviamo il negozio di Paul Blot e il Magazzino Méyel. Londra diviene meta documentata per gli acquisti giapponesi solo nel 1881. In questi anni la collezione giapponese è allestita, insieme alle armi di altre provenienze, in due stanze all’estremo sud del nucleo originale della Villa Stibbert. Quando Frederick nel 1874 decide di acquistare la proprietà limitrofa alla sua, l'ambiente fra la Sala della Quadreria ed il Salone dell’Armeria, viene dedicato all’esposizione degli oggetti giapponesi, separandoli dalla collezione islamica ed europea.

Continuamente incrementate, le collezioni di Frederick conoscono molti rivolgimenti, fino a che negli anni Novanta la collezione nipponica è trasferita nelle nuove stanze venutesi a creare al primo piano, dove ancora oggi è collocata. Stibbert le arricchisce di decorazioni neomedievali e vi dispone insieme alle armi giapponesi opere e arredi occidentali. Questa commistione di stili della sala affonda le proprie radici in Inghilterra dove l’interesse per il Giappone alla metà dell’Ottocento nacque fra gli stessi artisti che amavano e perpetuavano il revival medievalista.

Nella visione romantica del XIX secolo l’arte giapponese, così come quella gotica, venivano accomunate, oltre le ovvie differenze degli oggetti che avevano prodotto, per la condizione storica che aveva dato loro vita. Il mondo feudale dei samurai veniva paragonato a quello dei cavalieri del medioevo europeo ed animato dai medesimi sentimenti di religiosità, spiritualismo e cavalleria, proprio come Stibbert accomunava i due stili nella sua Sala Giapponese. IL SAMURAI La figura del Samurai nasce intorno al X secolo, in piena Epoca di Heian (898-1185), con i guerrieri che per mandato imperiale dovevano difendere i confini orientali del Paese dalle offensive di altre popolazioni originarie del Giappone stesso, gli Ezo, i cui discendenti sono gli attuali Hainu.

La parola Samurai deriva dal verbo samurau, “servire”; ma la dizione più corretta è quella di bushi, cioè di colui che conosce le armi (bu “arma”, shi “pratico”, che conosce, quindi un vero professionista delle armi). Alcune tesi collocano la dizione di bushi nei periodi antecedenti al Periodo di Edo (1603-1868), proprio per il suo impiego prettamente militare; mentre quella di samurai dal Periodo di Edo in poi, identificandone una sorta di evoluzione di servizio a tutto campo. I Samurai riuscirono a raggiungere il pieno potere attorno agli inizi del XII secolo, durante il Periodo di Kamakura (1185-1333), instaurando il primo governo militare, detto Bakufu (il Governo della Tenda), con il primo Shōgun della storia del Giappone, Minamoto no Yoritomo.

Da questo momento in poi fino al 1868, la classe guerriera dei Samurai governò il Giappone, con 41 diversi Shōgun provenienti dalle più potenti famiglie, l’ultima delle quali fu quella dei Tokugawa.

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