Intervista a Marlene Mangold

Una protagonista dell'arte contemporanea e il suo rapporto con la città

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
04 marzo 2013 08:23
Intervista a Marlene Mangold

Che cosa ha rappresentato,per te,di origine svizzera,vivere a Firenze? Vivere a Firenze,che poi per me,fin dal inizio è San Frediano,significava e significa tutt'ora aver trovato un ambiente confacente alle mie esigenze,al mio modo di essere e che mi fa sentire a mio agio. Quando sei arrivata in questa città quali sono state le tue impressioni? La prima impressione era quella di aver fatto un tuffo indietro nel tempo-sensazione molto piacevole-allora mi incantavano i suoni della lingua italiana - mi piaceva la gente - le piazze - le strade - le botteghe - le chiese -i musei - l’ambiente popolare. Perché hai deciso di vivere qui, al di là dei rapporti affettivi e il lavoro? Ritengo che la risposta che ho dato alla prima domanda possa essere considerata valida anche per questa ultima. L'hai mai vissuta come una scelta obbligata? Per me la questione della scelta obbligata non si pone, perché considero i miei lavori nati nel corso di tutti questi anni e dedicati esplicitamente a Firenze, come testimonianza tangibile di un amore sempre rinnovato. Vivere qui a Firenze ti dà lo stesso entusiasmo di quando sei arrivata? Ovviamente l'entusiasmo iniziale che riguardava Firenze nella sua totalità ha fatto posto a dei momenti più rarefatti, per es.

quando gioco a fare la turista con tanto di macchina fotografica alla scoperta di “soggetti” che spesso diventano la partenza per nuovi lavori, come è successo per es. per gli altarini - i miei muri di stoffa e gli stemmi. Firenze comunque mi riserva e mi riserverà sempre nuove sorprese ed emozioni. Raccontami un po' del tuo lavoro artistico, della tua storia artistica che è molto ricca di eventi. Per parlare della mia storia artistica ho alle spalle diversi anni di sperimentazione - tipo pittura - ceramica - cartapesta.

La scoperta del tessile risale agli anni 70, allora si trattava di tessuti di seconda mano con le quali costruivo bambole/marionette e burattini. In pratica la mia predilezione per il tessile è dovuto a tantissimi motivi: La varietà infinita di colori - consistenza - duttilità - leggerezza - morbidezza etc. etc . In più mi garantisce l'autonomia, cosa non scontata per altri materiali e ha dei costi ragionevoli. In quegli anni m’interessava molto la storia e la tecnica dei quilt, anche se la mia maniera di lavorare era più ispirata al bassorilievo.

Nel 1993 ho presentato il mio primo lavoro realmente impegnativo al Museé d’Art et d’Histoire a Neuchatel (Ch). Per una mostra sul Patchwork Contemporain en Suisse. Si chiamava “Saluti da Firenze” e consisteva in 21 “cartoline” (35 cm. x 24cm.) con i ritratti ed i panorami più visti e sfruttati. Tipo l'annunciazione di Leonardo, il Don Garzia di Bronzino, il David di Michelangelo e ancora il Ponte Vecchio, il Duomo, il Cestello. Con la stessa tecnica ho “riprodotto” i tondi degli Innocenti di Della Robbia, nonchè delle doppie pagine con dei ritratti rinascimentali. Vorrei chiederti come sono nati i libri d'artista e come dai libri sei arrivata ai dolci e poi ai cani e poi alle volpi e poi...

il tuo lavoro è cosi vasto che non riesco neanche a formulare un elenco. Lo puoi fare tu? I libri d'artista sono nati in seguito al primissimo album personale, in pratica una traduzione tessile delle foto di mio padre. Questo album ha dato vita ad un cospicuo numero di foto album su richiesta. Oltre a questi album, attorno al 2000 è nata la collana “L’appetito vien guardando” con le ricette sotto forma di “sculture morbide” e come base i testi, cioè le ricette di autori che mi piacevano e che si occupavano di cucina - tipo Montalban - Allende - Freud.

L’ultimo di questa collana era per il “mio” amato Spoerri, al quale ho dedicato il libro “mi piace fare le polpette”. Poi però c’è anche tutta la serie di libri dedicati a scrittori che amo, per es. Calvino - Campanile - Jehoshua. Per arrivare ai dolci devo partire dal mio primissimo “Buffet freddo” presentato per una mostra da Eugenio Miccini e che si chiamava “Oltre il giardino”. A quel “Buffet freddo” hanno fatto seguito il “Pranzo di Natale” da Antonella Pratesi con tanto di Panforte, Ricciarelli, Panettone e bottiglie di Spumante, tutto eseguito a tutto tondo e life size, nonché il tavolo apparecchiato per la mostra “Artigianato e Palazzo” con baccelli e pecorino, Gelati, Galantina, Cocomero e torte alla frutta.

I dolci che si conservano per sempre, con il loro potere seduttivo, hanno avuto il loro momento di gloria nelle vetrine della Libreria Seeber in occasione della presentazione del libretto “Cioccolato amore mio” Ed. Morgana. Ma detto tra di noi forse mi divertivo di più a fare “I salati”, mi viene in mente il “Mortadellabook” del 2000 e chiaramente la mostra “La carne è debole” nella Antica Macelleria Cecchini , Panzano in Chianti, dove ho presentato in “offerta speciale” un assortimento di carne, degno di un banco di macelleria dei nostri supermercati.

Mi chiedi dei cani, animali che amo da sempre e affermo che la loro prima uscita ufficiale l’hanno fatta con la mostra “Artigianato e Palazzo” nel 2010, da lì è partita la mostra “Oh my dog” da Aprosio e che tu mi hai recensita con affettuosa sensibilità. Per le volpi, se mi ricordo bene, sono nati da una “ricostruzione” di un cane di una mia amica, a forma di sciarpa e da lì è scaturita quello che posso definire una “volpite acuta” di una durata di tre inverni (malattia molto produttiva). Quali progetti hai per il futuro? Per il momento non ho progetti per il futuro. Quale sarà la prossima mostra? Sarà una piccola collettiva, con un libro d’artista sull’argomento “Gioco”. Quali sono gli artisti contemporanei che più hanno influenzato la tua ricerca sull'arte? Penso soprattutto a Mondino, per affinità, per la sua matericità (lo zucchero, i cioccolatini, i giochi di parole, la sua ironia, i suoi tromphe l’oeil (i tappeti di Eraclite), ma voglio citare anche Pietro Piombino con le sue sculture in terra cotta.

Ho trovato degli stimoli anche nella “Firenze tascabile” di Roberto Menchiari,o nelle pitture materiche di Domenico Gnoli (che ho “tradotto” in ritratti a basso rilievo eseguiti con delle stoffe dorate. E quelli del passato? Quali sono gli artisti del passato a cui hai fatto in qualche modo riferimento nel tuo lavoro sia presente che passato? Fra gli artisti del passato c'è indubbiamente Della Robbia, come già detto ho “tradotto” ripetutamente i suoi Innocenti, ho reinterpretato anche il David di Michelangelo, più volte tramite le cartoline mie, ma mi ricordo anche Giotto al quale facevo riferimento per i miei altarini degli anni ‘80. Come fai ad avere sempre delle nuove argomentazioni artistiche.

Chi e che cosa è fonte di ispirazione? La fonte principale per la mia ispirazione sono le fotografie - le cose che vedo, tipo oggetti di antiquariato o i dolci nelle pasticcerie. Poi spesso i lavori che faccio sono come le ciliege... una tira dietro l’altra. Delle volte parto dalle letture, dai modi di dire dai giochi di parole, altre volte ancora sono i materiali tessili --- poi chiaramente frequento delle mostre dei musei. Se tu avessi una possibilità cosa cambieresti della tua vita? Non posso rispondere perché non lo so. Ti sei mai chiesta se in una diversa città italiana avresti avuto più possibilità di visibilità come artista? Forse Milano, che in una qualche maniera mi piace pure, ma non mi attrae sufficientemente - troppo nordica/troppo simile a situazioni già sperimentate nella mia gioventù.

Non abbastanza italiana. Hai mai pensato di andare a vivere in un’altra nazione? In altri tempi ero attratta dalla Francia - ma ora la questione non si pone più. Fra gli artisti contemporanei fiorentini a chi ti senti più legata professionalmente? Legami professionali non ne ho e suppongo di non essere un caso unico, ho la sensazione che fra gli artisti che conosco e frequento questi legami non siano né facili né così frequenti o comuni. Non ho le capacità per far parte di un gruppo e chiudo con questa confessione “dolente”. Cecilia Chiavistelli

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