Un medicinale di più di 2000 anni fa recuperato nel relitto del Pozzino

La composizione rivelata da uno studio analitico multidisciplinare effettuato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 gennaio 2013 14:58
Un medicinale di più di 2000 anni fa recuperato nel relitto del Pozzino

Un medicinale di più di 2000 anni fa, quasi sicuramente un collirio, è stato recuperato intatto all’interno di un contenitore di stagno nel “Relitto del Pozzino”, i resti di una nave naufragata nel II sec. a.C. nelle acque del Golfo di Baratti (sito dell’antica città etrusca Pupluna, Populonia - Livorno) e portato alla luce dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana (sotto la direzione di Antonella Romualdi). Per la prima volta in Italia è stato effettuato un lavoro analitico che ha consentito di individuare la composizione di compresse farmaceutiche antiche, che verosimilmente avevano la funzione di collirio (preceduto solo da un caso analogo a Lione).

L’eccezionale scoperta è stata resa possibile dallo straordinario ritrovamento di medicinale intatto, nel suo contenitore originale. Questo ha dato la possibilità di indagare il principio medicamentoso con una vasta serie di analisi da cui sono scaturiti dati importanti. Quella sostanza che già Plinio il Vecchio, e successivamente Dioscoride, illustravano come curativa per gli occhi e per le malattie della pelle, trova ora riscontro nella composizione delle compresse, pressappoco circolari e di colore grigio (pastiglie spesse un centimetro, con un diametro di quattro), che facevano parte del bagaglio di un medico che viaggiava a bordo della nave. A completare la ‘valigetta’ dell’antico medico sono state anche rinvenute numerose altre pissidi in stagno, 136 piccoli flaconi di legno di bosso, un mortaio, uno specillo in ferro e una campana in bronzo, quest’ultima probabilmente da usare per i salassi. La sorprendente scoperta arriva dalle indagini iniziate al momento del ritrovamento da Gianna Giachi e Pasquino Pallecchi del Laboratorio di analisi della stessa Soprintendenza e portate a termine di recente dagli stessi grazie a strumentazioni d’avanguardia e anche alla collaborazione di Marta Mariotti Lippi del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze e di Maria Perla Colombini, Erika Ribechini e Jeanette J.

Lucejko del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. Già dai primi studi condotti dopo il ritrovamento del relitto (inizio anni ’90) era emerso come fra i “vari tesori” ci fossero con tutta probabilità dei medicinali. Le analisi condotte sulle compresse dal Laboratorio di analisi della Soprintendenza toscana evidenziarono che il principio attivo delle compresse era dato da due diversi composti di zinco (smithsonite e idrozincite, rispettivamente carbonato e idrossicarbonato di zinco), come le medicine a uso dermatologico e oftalmico. Oggi, tutto questo trova conferma con l’implementazione delle analisi mediante una ricerca multidisciplinare che ha portato, complessivamente, alla caratterizzazione chimica, mineralogica e botanica delle compresse. Nel medicinale la parte di natura inorganica costituisce l’80% della massa, in questa il 75% è dato da zinco, presente appunto come carbonato e idrossicarbonato.

Insieme a questi compaiono, come coformulanti, sostanze lipidiche (grassi) di origine animale e vegetale – fra quest’ultime verosimilmente olio d'oliva –, cera d'api, resina di pino (che poteva servire come preservante per le sue proprietà antisettiche) e amido. Inoltre, molte fibre di lino sono state trovate all'interno delle compresse: è probabile che servissero per mantenere compatto il medicinale nel momento della sua applicazione sulla parte malata. Il lavoro analitico è stato riportato in un recente articolo pubblicato nella prestigiosa rivista scientifica americana Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), nel quale, tra l’altro, si ricorda come lo stesso termine italiano “collirio” derivi dal termine greco kоllyra, che indica piccoli panetti rotondeggianti, come è appunto la forma delle compresse del Pozzino. I reperti archeologici del relitto del Pozzino sono esposti nel Museo Civico Archeologico del Territorio di Populonia, a Piombino (Livorno).

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