Quanto abbiamo perso in qualità con la crisi?

Presentato oggi il Rapporto PIQ – Prodotto Interno Qualità 2011: il misuratore alternativo dell’economia italiana ideato da Fondazione Symbola e Unioncamere

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
10 dicembre 2012 14:45
Quanto abbiamo perso in qualità con la crisi?

E’ possibile quantificare e dare una misura economica a un valore che si direbbe intangibile come la qualità? O stimare l’incidenza di diritti e benessere dei cittadini e dei lavoratori, rispetto per l’ambiente o creatività, professionalità, legame con il territorio o coesione sociale, su una filiera produttiva? In altre parole, quanta parte dell’economia del nostro Paese, e quindi del PIL, è riconducibile alla qualità e come tale può essere misurata e monetizzata? Per rispondere a tutte queste domane Fondazione Symbola e Unioncamere hanno ideato e promosso il Rapporto PIQ – Prodotto interno qualità.

In tempi di grave crisi, infatti, ha acquisito sempre maggior forza il dibattito da tempo aperto per trovare nuovi indicatori da affiancare al PIL, per calcolare tutto quello che non è compreso nel prodotto interno lordo e leggere meglio l’economia, così come le tendenze in atto e poter quindi affrontare la crisi con strumenti adeguati. Il PIQ si propone quindi come indicatore da affiancare al PIL, per misurare il posizionamento e quindi le performance del Paese, o di un settore di attività, rispetto al parametro della qualità, come valore aggiunto e ingrediente indispensabile per assicurare non solo il benessere attuale, ma anche quello delle generazioni future. La nuova edizione del rapporto PIQ, che come tradizione vede la partecipazione di esponenti del mondo scientifico, di esperti di settore, ma anche rappresentanti del mondo dell’impresa, è stata realizzato con la partnership tecnica di Camcom Universitas Mercatorum ed è stata presentata oggi a Roma, presso la sede Unioncamere.

Insieme al Presidente di Symbola Ermete Realacci e al Presidente di Unioncamere Ferruccio Dardanello, sono intervenuti al dibattito Franco Pasquali, Presidente Forum Fondazione Symbola; Luigi Campiglio, Coordinatore scientifico PIQ e Professore ordinario Politica Economica Università Cattolica Milano; Claudio Gagliardi, Segretario generale Unioncamere; Livio Barnabò, Director B. U. Nexen Business Consultant; Marco Frey, Professore ordinario Economia e Gestione Imprese Scuola Superiore S. Anna Pisa; Beniamino Quintieri, Preside della facoltà di Economia dell’Università di Tor Vergata; e Giuseppe Sammarco, Executive Director Fondazione Eni Enrico Mattei. Frutto di un originale mix tra innovazione, ricerca, creatività, cultura e saperi territoriali, il Prodotto Interno Qualità calcolato per il 2011 è pari al 47,9% del PIL, per un valore che sfiora i 460 miliardi di euro. Non solo il PIQ 2011 vale quasi la metà del nostro prodotto interno lordo ma rispetto al 2010, quando era pari al 47% del PIL per un controvalore di 445 miliardi di euro, può vantare una crescita nominale di oltre il 3%.

Nella crisi più nera, dunque, il sistema Italia ha ripensato il proprio modello di sviluppo puntando su una progressiva qualificazione delle proprio produzioni. In altre parole, per battere la crisi e la concorrenza sempre più agguerrita sui prezzi al ribasso, il sistema produttivo italiano ha puntato sulla qualità e sul rilancio competitivo. Analizzando l’andamento di PIL e PIQ per il biennio 2010/2011 si evidenzia inoltre come la qualità cresca a un tasso superiore: 3% per la crescita nominale del PIQ contro l’1,5% del PIL.

Dunque le imprese che investono in qualità e innovazione hanno propensione alla crescita doppia rispetto a quelle che cercano di andare avanti semplicemente contenendo i costi. Si conferma, dunque, il ruolo della qualità come driver che permette di sostenere i livelli di competitività sui mercati. Non solo, ma le imprese che puntano sulla qualità realizzano anche migliori performance nelle esportazioni, se è vero come è vero che i mercati internazionali riconoscono la crescita qualitativa italiana.

Analizzando l’andamento dei Valori Medi Unitari delle esportazioni, assunti come indicatori dell’evoluzione qualitativa delle nostre produzioni, si scopre dal 2007 al 2011, in un periodo connotato da difficoltà di natura straordinaria, che le nostre imprese hanno mediamente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni. “Per affrontare la crisi abbiamo bisogno di nuovi occhi con i quali guardare al Paese. Il PIQ – commenta il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci - risponde proprio all’esigenza di leggere il sistema Italia attraverso uno sguardo rinnovato, per trovare nella forza del Paese che c’è la chiave di un comune futuro.

Oggi più che mai, visto il momento di grave crisi che stiamo attraversando, la missione dell’Italia non può che essere legata alla qualità, che incrocia i territori e la coesione sociale ed è iscritta nel nostro patrimonio genetico. Insomma l’Italia deve fare l’Italia e combattere i suoi mali antichi: il debito pubblico, l’illegalità e l’evasione fiscale, le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, il sud che perde contatto, una burocrazia speso soffocante. L’intreccio tra innovazione, qualità e competitività, anche sui mercati esteri, emerge con chiarezza dal rapporto di quest’anno e conferma l’intuizione alla base del PIQ”. “Nonostante la crisi perdurante, la qualità italiana accresce il suo ruolo – spiega Claudio Gagliardi, Segretario generale di Unioncamere - .

Anche sul fronte internazionale i mercati riconoscono la crescita qualitativa italiana. Nel giro di cinque anni, dal 2007 al 2011, le nostre imprese hanno mediamente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni al netto dei costi di produzione; molto di più di quanto osservato nella media europea e più di quanto associabile alla Germania e alle altre grandi economie del continente. Lo studio però mostra due volti del nostro Paese: uno caratterizzato da valori e risultati davvero competitivi, frutto dell’impegno creativo dei nostri territori, l’altro condizionato dall’illegalità, indifferente ai temi ambientali e ai valori sociali.

È questo il senso del progetto PIQ: aiutarci a far emergere l’Italia produttiva migliore, svelando il volto alla base dei tanti successi della nostra storia”. I settori. Dall’analisi della ricerca emerge che i settori macroeconomici dove è più elevata la presenza di qualità sono quello dei servizi e dell’industria in senso stretto, che contribuiscono al PIQ nazionale rispettivamente con 300 e 121 miliardi di euro. Seguono le costruzioni e l’agricoltura con 28 e 10 miliardi di euro.

Per quanto riguarda il terziario si distinguono nel segno della qualità tre settori in particolare: i servizi finanziari dove il PIQ incide per il 59,2%, la sanità e l’assistenza dove il PIQ incide per 53,4%, e l’istruzione, dove la qualità incide per il 50% del valore aggiunto. Mentre i settori industriali a maggior incidenza di qualità sono la chimica e farmaceutica (59,6%), la meccanica (53,0%), i mezzi di trasporto (51,9%), l’industria della gomma e della plastica (50,1%), l’industria cartaria e della stampa (49,6%), l’elettronica (49,1%), l’alimentare (49,0%), il tessile (48,8%) e le industrie conciarie (46,7%). La qualità dei territori: geografia del PIQ.

A livello di macroregioni l’area a maggiore connotazione di PIQ del Paese è il Nord-Ovest, in cui la quota di prodotto interno qualità arriva al 56,2% del valore aggiunto. Buona anche la performance del Nord-Est dove la quota di PIQ sul valore sfiora il 51,9%. Sotto la media nazionale, invece, il Centro e il Mezzogiorno, rispettivamente con un PIQ del 45,8 e del 30,5%. Passando dalle macroregioni alla graduatoria delle regioni, la Lombardia si distingue come ‘locomotiva’ della qualità italiana.

Da questa regione, infatti, arrivano 132 miliardi di euro, pari al 28,7% del PIQ nazionale. Seguono a distanza Lazio, Veneto, Emilia Romagna, e Piemonte rispettivamente con 50, 48,6, 48,4 e 42,9 miliardi. Nella zona media della classifica troviamo Toscana (29,6 mld), Campania (18,2 mld), Trentino Alto Adige (12,2 mld), Sicilia (11,8 mld), Puglia (11,5 mld), Liguria (10,9 mld) e Marche 10,2 mld). Quindi Abruzzo (5,3 mld), Umbria (4,8), Sardegna (4,3 mld), Calabria (3,4 mld), Basilicata (1,4 mld), Molise (1,1 mld) e Valle d’Aosta (0,9 mld). Gli indicatori della qualità.

Per definire il PIQ si parte dalla stima della qualità prodotta da ciascun settore e da ciascuna attività del nostro sistema produttivo. Stima che viene realizzata valutando ogni settore in base a tre dimensioni: l’eco-efficienza, le capacità delle persone impiegate, l’innovazione. La sommatoria di queste qualità settoriali definisce il PIQ. Fin qui possiamo parlare di qualità del processo produttivo. Ma siccome la qualità del processo produttivo non garantisce la qualità del prodotto finale, per calcolare il PIQ bisogna prendere in considerazione anche la qualità dei prodotti immessi sul mercato.

In questo ci si affida a due indicatori: il valore medio unitario dei prodotti esportati e il posizionamento competitivo di un prodotto.

Notizie correlate
In evidenza