Crisi economica: cosa pensano i giovani a Firenze?

Difficoltà quotidiane e riflessioni di una generazione costretta a fare i conti con il futuro

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 agosto 2012 02:34
Crisi economica: cosa pensano i giovani a Firenze?

Con la Spending Review l'Italia attraversa una nuova epoca della sua gloriosa storia, ma cosa pensano del risparmio forzato i giovani fiorentini figli di quel territorio che, primo in Europa, diede vita alla rivolta del popolo povero contro quello troppo ricco in quel che tutti ricordano come il Tumulto dei Ciompi? I locali notturni del capoluogo toscano non sono solo il ritrovo di intraprendenti esploratori della Movida, ma costituiscono una rara occasione di confronto trasversale sui temi più dibattuti in città, sui problemi pratici del vivere quotidiano. Si va dal giovane trasportatore che "non vedo una famiglia e non vedo un futuro" all'impiegato convinto che sia tutto "un complotto come le malattie delle mucche, dei polli e dei suini".

Se per il primo è ormai tardi per riparare ai danni commessi da "una gestione sciagurata dei conti pubblici" per il secondo "è un modo per sottoporre il popolo ad alcune restrizioni giustificando l'impensabile come l'annullamento dei servizi essenziali o l'aumento indiscriminato dei prezzi". Ma non manca chi vede nell'Austria il paese dal miglior prodotto interno lordo con un welfare stellare "perché son pochi" a chi punta alla Germania "che è sempre stata l'ago della bilancia". "Ma come si può pensare di uscire dalla crisi tagliando la voce del trasporto pubblico?" si domanda Luca che a 40 anni convive in un bilocale in affitto ed ha un contratto a chiamata.

"Il problema è che ci siamo infilati nelle sabbie mobili e ci stanno caricando sulle spalle gli errori del passato anziché darci una mano per venirne fuori. Già sento chi rimpiange l'equo canone, ad esempio, che oggi è visto come una possibile soluzione al costo della vita. Per anni le famiglie sono riuscite a sostenere il peso di un affitto, poi il mercato è impazzito senza controllo" La casa dunque resta il bene primario? "Siamo nella città che è nata per accogliere i poveri, c'erano ospedali ed orfanotrofi, c'erano mense e chiese, adesso ci sono ristoranti ed alberghi.

Senza un tetto torneremo a chiedere aiuto, mangeremo insieme alle tavolate comuni. A patto che resista una forza pubblica, già fortemente ridotta negli uomini e nei mezzi, in grado di eseguire gli sfratti" "Potremmo ricorrere all'occupazione come hanno fatto le generazioni degli anni '70" interviene un'altra voce. Una specie di Christiania che a Copenaghen realizzò il sogno della città libera degli Hippy o quella Casa Comune che ricorda il contado di inizio del secolo scorso.

"Torneremo a popolare la campagna, ripartendo da zero. Liberi dai legami assurdi con le pressioni imposte dal sistema che ti chiede di pagare le utenze a prescindere dall'effettivo uso, che ti fa vivere la gravidanza come un peccato ed un fardello che ti segnerà l'esistenza, o che ti impone tasse sul possesso di un bene che è già tuo e che ti sei comprato con sacrifici e risparmi, quelli veri". Già, il risparmio cos'era fino a qualche mese fa? "Era che se volevo comprare un paio di scarpe - dice Manuela - e non potevo mi accontentavo di guardarle in vetrina.

Era quello yogurt della pubblicità che costava un botto e che poteva rimanere lì dov'era a scadere sullo scaffale perché con gli stessi soldi ne compravo 4 buoni uguale ed era il cinema una volta al mese, il mercoledì". Contratto a tempo indeterminato, "una miracolata" per i suoi amici eppure Manuela, 30 anni, gira Firenze in cerca di un bilocale in affitto "sano ed abitabile" possibilmente arredato che non costi quanto l'intero stipendio di un mese. Sano e abitabile? "Ho visto cose che voi umani..

Sarà vero che il mercato si è bloccato, ma i proprietari non abbassano le loro assurde pretese e si sprecano in questa città i fondi umidi e bui spacciati per appartamenti per i giovani. Ma non li controlla nessuno gli annunci immobiliari?" Jacopo è un laureando che lavora e studia, l'impiego che ha trovato è diverso dal lavoro per il quale si è preparato sui banchi dell'Università e non gli permette di vivere da solo: "Ho un titolo da spendere, non è poco. Sono consapevole che potrei finire a fare qualcosa di totalmente diverso da quanto ho letto per anni sui libri.

Forse dovrei andarmene da Firenze e provare altrove. Le nostre Università non sono male, gli italiani all'estero trovano lavoro perché le aziende investono e fanno formazione interna, se penso alle rette inglesi, ad esempio, sono contento della mia Università. Manca solo il raccordo con il mondo del lavoro. Mi aspetto una reazione da parte dei giovani nei prossimi mesi, solitamente il momento più fervido per le manifestazioni è l'autunno". Diversamente da Jacopo la pensa una ragazza di 25 anni che ritiene "Inutili molti corsi di laurea che non portano a niente" e che se la prende con chi ha deciso di "tassare i fuori corso, un provvedimento senza senso visto che tocca molti studenti lavoratori e che il fuori corso paga comunque l'Università e non ha certo bisogno del ricatto economico per fare meglio" Chiara invece lotta contro il precariato, 39 anni, ha concluso una collaborazione a tempo determinato e non trova un altro impiego: "Hanno delle pretese assurde.

Ho letto un cartello in un grande negozio: "Cercasi stagista madrelingua giapponese, con conoscenza di inglese e spagnolo esperta di vendite e gestione clientela". La stagista tuttofare esperta del settore.. abbiam perso la bambola". Forse si è rotta. Siamo passati dalla 'Repubblica fondata sul lavoro' al tasso di disoccupazione ad aumento esponenziale, dai simboli della cultura di un popolo ai fenomeni mediatici effimeri e passeggeri. Dall'essere umano alla risorsa umana: l'uomo non più identità essenziale attorno a cui ruotano quadrature e cerchi, ma una risorsa, come il carbone.

"Polvere eri e polvere tornerai"? Scordiamoci anche il carbone, forse se va bene possiamo ambire ad una spiaggetta. Stagionali. "Abbiamo fallito e siamo stati costretti a far intervenire dei tecnici per sistemare i conti. Mi domando con quale faccia gli stessi politici si apprestano a tornare a sorridere sui manifesti elettorali" questa l'esclamazione cui segue un pugno sbattuto sul tavolo che chiude la serata tra amici. "Le occasioni non mancano neppure oggi" sostengono molti addetti 'al lavoro'.

Ci sono stati tempi in cui l'italiano andava via e poi tornava e mentre era via spediva i soldi a casa. Si accettava tutto senza fare troppe storie, perché dicevano i nonni "per lavorare ti devi sporcare le mani". E adesso, tutti cercano assistenza da parte dello Stato? Idee, progetti, perduta anche la voglia di provarci?. Siamo allora così diversi da chi fino a ieri "spendeva i soldi di tutti senza dire niente a nessuno"?. Antonio Lenoci

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