Detenuti: Margara, riconoscere il diritto all’affettività e alla sessualità

Il Garante regionale ha aperto i lavori della tavola rotonda “Degli affetti e delle pene” oggi a palazzo Bastogi. Il coordinatore nazionale, Franco Corleone: “La politica abbia un sussulto di vitalità”

Redazione Nove da Firenze
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25 maggio 2012 21:24
Detenuti: Margara, riconoscere il diritto all’affettività e alla sessualità

Firenze– “Quando parliamo di carcere c’è una costanza di cattive notizie: il sovraffollamento, i problemi igienici, i suicidi, l’ultimo dei quali è avvenuto proprio stanotte nel penitenziario fiorentino di Sollicciano. Grazie al tribunale di sorveglianza di Firenze, però, possiamo parlare di una buona notizia, perché la decisione di sollevare alcune eccezioni di costituzionalità per garantire ai detenuti il diritto alle relazioni affettive è una notizia positiva”. Lo ha detto Alessandro Margara, Garante regionale per le persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, introducendo la tavola rotonda “Degli affetti e delle pene”, organizzato dal suo ufficio e svoltosi nella sala delle Feste di Palazzo Bastogi.

La circostanza che ha dato origine alla tavola rotonda, ha ricordato Margara, è stata proprio l’iniziativa del tribunale di sorveglianza di Firenze. “In sostanza”, ha spiegato Margara, “si vuole riconoscere ai detenuti il diritto all’affettività e alla sessualità, scegliendo di risolvere il problema della sessualità proprio agendo a partire dalla sfera degli affetti”. Il divieto a normali relazioni familiari – “anche i semplici colloqui si svolgono solo sotto vigilanza visiva del personale di polizia penitenziaria”, ha affermato Margara – negano il rispetto della persona.

“E la rinuncia forzata alla sessualità”, ha aggiunto, “è nociva del senso di sé della persona”. Gli interventi di diversi relatori hanno sottolineato che, nel quadro europeo, l’Italia è ormai uno dei pochi paesi che non prevede la possibilità di incontri in spazi dedicati e fino ad massimo di 72 ore, come avviene in Finlandia o in Russia, durante i quali i detenuti possono vivere vicini ai propri familiari e avere rapporti di intimità con il coniuge o il partner. In conclusione dei lavori Franco Corleone, coordinatore dei Garante dei detenuti, ha ricordato che “la questione, come molte altre in Italia, è riconducibile alla lentezza dei processi culturali e politici”.

Corleone ha sottolineato che del tema si discute ormai dal 1996. “Nel 2000”, ha spiegato, “si introdusse la possibilità delle visite lunghe nel regolamento carcerario, ma il Consiglio di Stato le proibì con la motivazione che serviva una legge ad hoc. La legge non è mai arrivata”. In virtù delle eccezioni di costituzionalità sollevate dal tribunale di sorveglianza di Firenze Corleone si è augurato “che la politica abbia un sussulto di vitalità, decidendo di anticipare con una legge il pronunciamento della Corte”.

Corleone ha ricordato che in Europa ci sono molti modelli a cui ispirarsi, “ma serve superare due aspetti culturali importanti. Il primo è quello di fare resistenza alla sperimentazione. Il secondo è che in Italia il sesso è visto e utilizzato come strumento di potere, mentre quando se ne parla come diritto della persona tutti diventano moralisti”. (lm)

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