Costa Concordia: le difficoltà di recupero della nave

Le valutazioni ingegneristiche e le considerazioni personali di un esperto

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
24 aprile 2012 20:16
Costa Concordia: le difficoltà di recupero della nave

dell'ing. Ermanno Mancini Non molti, anzi in pochi, hanno avuto la percezione di quanto il consorzio di recupero ha proposto ed è stato approvato, se pur nelle linee generali e solo per l'aspetto ambientale, dalle commissioni governative a ciò preposte. Entro nel merito. Mi occupo di ingegneria da moltissimo anni posso quindi parlare con cognizione di causa. Punto primo: realizzazione di un falso fondale in acciaio fondato su pali

- la realizzazione di pali trivellati, sia con la tecnica di distruzione di nucleo, sia con carotaggio continuo con, o senza, l'uso della percussione, comporta difficoltà oggettive già quando queste tecniche vengono adottate sulla terra ferma.

In mare a circa 30/40 metri di profondità oltre la lunghezza del palo stesso (ritengo altri 15/20 metri) , le difficoltà sono enormi e non danno nel modo più assoluto nessuna garanzia di regola d'arte; - i materiali che durante la perforazione vengono espulsi dal sottosuolo, sono tutt'altro che "ecologici". Per quanto si voglia essere bravi e attenti, difficilmente (siamo in mare) i materiali posso essere totalmente asportati dalla bocca del foro. Immaginate una nuvola biancastra che si espande e deposita materiali finissimi nel mare e sul fondo del mare.

Punto secondo: sollevamento dello scavo e rimorchio in porto per lo smantellamento e/o il restauro
- si legge che lo scafo non verrà riparato, quindi a falle aperte verrà parzialmente sollevato mantenendo, da quanto ho letto, una immersione di circa 18 metri rispetto agli 8,20 normali per quella nave; - mi chiedo: esiste un bacino in Toscana adatto ad accogliere uno scafo con un tale galleggiamento? La risposta è no.

Forse, ma non ne sono, sicuro esiste ma si trova a Palermo. Quindi se la nave non verrà portata al suo galleggiamento naturale cioè 8,20 metri, non potrà in nessun caso essere indirizzata a bacini toscani, ma andrà "dritta" altrove, anzi poco dritta, visto che parlano anche di trasferimento a nave sbandata.

Punto terzo (dolenti note)
- è opportuno valutare, circa una tecnica di sollevamento: a) l'inutilità di creare falsi fondali; b) l'inutilità di appesantire la nave con dei "galleggianti" colossali pesantissimi, solo per ottenere un parziale galleggiamento; c) l'inutilità di procedere ad un raddrizzamento "di forza" per mezzo di ancoraggi e tiranti che rischierebbero di far collassare lo scafo (le conseguenze le la lascio trarre a lei); d) l'inutilità di procedere a lavori pesanti di preparazione di cui lo scafo necessita per poter applicare carichi e sforzi "innaturali" non proprio dell'architettura dello scafo; e) l'inutilità di impiantare per quasi il 100% un cantiere in mare con tutto ciò che questo comporta e comporterebbe in termini di impatto ambientale.

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