“J. Edgar” di Clint Eastwood

Un racconto in chiaroscuro di J. Edgar Hoover attraverso cinquanta anni di storia americana.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
12 gennaio 2012 18:54
“J. Edgar” di Clint Eastwood

"J. Edgar" diretto da Clint Eastwood e interpretato da un ottimo Leonardo Di Caprio si propone di narrare la personalità e la vita di uno degli uomini più potenti degli Stati uniti: Edgard Hoover. L'uomo che ha creato l'Fbi, che ha guidato per quasi 50 anni sotto otto differenti presidenti, e non si è fermato davanti a nulla pur di proteggere il suo paese. Hoover combatté il gangsterismo, uccise John Dillinger, il "pericolo pubblico numero uno" e riuscì a individuare, dopo 4 anni di assidue indagini, il rapitore ed assassino di BabyLindbergh. Hoover organizzò l'agenzia federale e creò una rete capillare di informatori, raccogliendo dati personali riservati su molte celebrità, compreso il presidente John Fitzgerald Kennedy.

Dalla consultazione degli archivi della FBI si è potuto evidenziare come Hoover facesse regolarmente spiare l'attività sessuale dei politici, e come fossero oggetto di attenta e quasi ossessiva indagine le eventuali simpatie "comuniste "dei soggetti sorvegliati. Nel 1972 Hoover, che aveva sempre avuto un'evidente antipatia verso i Kennedy,che giudicava troppo progressisti, venne accusato di non aver indagato adeguatamente sull'assassinio di John Kennedy, per non aver prestato sufficiente attenzione alla possibilità di un complotto. Dopo la sua morte gli uffici dell'Agenzia furono intitolati a suo nome.

Hoover è stato una figura controversa, una sorta di eminenza grigia in grado di condizionare con le sue informazioni riservate i politici. Un personaggio discusso che Eastwood tratta con particolare attenzione agli aspetti umani, più che alle discutibili azioni pubbliche. Il ritratto di Hoover che costruisce Eastwood ha i colori predominanti del chiaroscuro. Non prevale l'anima nera del protagonista su quella bianca, né viceversa. Anche sulla questione dell'omosessualità di Hoover si resta sul vago.

Potrebbe essere e non potrebbe essere che il super poliziotto d'America, ritratto dell'irreprensibilità morale, mai sposatosi, in realtà avesse una relazione con l'insperabile collaboratore Clyde Tolson. Hoover fu l'uomo che si guadagnò la riconoscenza generale scoprendo i rapitori del figlio dell'eroe dell'aviazione americana Charles Lindbergh, ma fu anche il nemico dei Kennedy e l'uomo che lavorò in maniera scorretta contro gli attivisti del movimento dei diritti civili di Martin Luther King.

Un americano, duro e determinato, con una volontà di ferro, cresciuto con una madre autoritaria e un padre debole. Il regista affronta il caso Hoover, tentando di dare una risposta al mistero che aleggia sulla figura e personalità di questo protagonista della storia americana. Eastwood privilegia il lato privato del cittadino Hoover, sottolineando come un feroce istinto di negazione di un esistenza propria che lo abbia portato ad amare soprattutto la sua creatura l'Fbi. Ma neppure nel privilegiare questa parte, Eastwood riesce a definire un confine, perché c'è anche un lato storiografico, che incornicia tutti gli elementi poi disseminati nella trama complessa del film.

Hoover è un mito dell'immaginario americano, del cinema e della narrativa, ma nel film viene narrato più sul versante personale che su quello pubblico. Gli eventi pubblici sono inseriti talvolta, con grandi salti cronologici, in una storia che vorrebbe evidenziare l'uomo Hoover, ma lascia un problema irrisolto, l'inconoscibilità di Hoover. C'è nel film una tensione continua a riflettere sull'immagine e la sua falsificazione. "J.Edgar" non è un capolavoro ma è un mistero da osservare, in cui alla fine c'è qualcosa di irrisolto.

A Ellroy, che nei suoi libri ha parlato più volte di Hoover, sono bastate alcune specificazioni forti per descrivere il direttore dell'Fbi e per regalarne ai lettori un'immagine definita.A Eastwood servono moltissimi segni e suggerimenti per farci conoscere la personalità del protagonista, senza entrare troppo negli atteggiamenti discutibili e scorretti del personaggio pubblico, evidenziando forse la difficoltà del suo cinema a narrare un eroe sostanzialmente negativo. Clint Eastwood è sicuramente un grande regista, come si rileva anche in questo film che ha ottimi interpreti, eccellente qualità delle immagini e una buona sceneggiatura, ma a differenza di un Oliver Stone che avrebbe evidenziato soprattutto il personaggio negativo e lo avrebbe per così dire distrutto,egli cerca di trovare un difficile equilibrio tra il pubblico e il privato, e, per voler essere "politicamente" corretto finisce per fare un film inferiore alle aspettative. Alessandro Lazzeri » La programmazione di J.

Edgar nei cinema di Firenze

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