Strage di Firenze: il dibattito che non c'è stato

Perché a destra e nel Centrosinistra toscani sono mancati, rispettivamente, autocritica e iniziativa politica

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 gennaio 2012 23:25
Strage di Firenze: il dibattito che non c'è stato

di Nicola Novelli Direttore responsabile di Nove di Firenze La strage, che ha avuto luogo a Firenze il 13 dicembre 2011 e che ha provocato tre morti e tre feriti, è il frutto insensato della follia politica. Un evento che ha sconvolto la città per il destino assurdo toccato agli immigrati senegalesi caduti per mano del cieco pregiudizio. E' triste che a distanza di quasi un mese, trascorse festività, vacanze e saldi di un'Italia in crisi, il dibattito sulla vicenda sembri già sopito e che l'ambiente politico fiorentino e toscano non abbia saputo dare valore al sacrificio delle vittime innocenti del nuovo razzismo. Ne avrebbe potuto approfittare la destra politica, a cui la tragedia di Firenze ha offerto la possibilità di una riflessione positiva.

Non è necessario essere esperti di storia contemporanea per valutare il peso frenante per l'area politica di destra di quel riferirsi ancora ai simboli violenti del Fascismo repubblichino di Salò, che comprensibile nel dopoguerra, suona oggi ingiustificabile. Come è anacronistico e un po' ridicolo avere a sinistra quali riferimenti Stalin, Lenin, o Mao Zedong. Con la generazione degli sconfitti del 25 aprile quasi tutta defunta, perché non è ancora stato possibile alla destra post-Fiuggi rigettare una simbologia lugubre e vetusta e confrontarsi con autentici fantasmi politici, quali i gerarchi del 25 luglio, o quel Galeazzo Ciano, la cui tomba sulle colline livornesi è talmente dimenticata da essere diventata una specie di discarica? Perché si fanno ancora pellegrinaggi a Predappio, anziché riscoprire la destra nazionalista ed eroica del Vittoriale? Nei giorni successivi alla strage, nelle dichiarazione dei movimenti di destra si trovavano espressioni di rigetto della violenza politica, che è fondamentale per potersi confrontare democraticamente.

Ma il confronto dovrebbe poter produrre qualcosa di costruttivo, ben oltre la reciproca legittimazione degli schieramenti. Per fare questo la destra toscana dovrebbe mettersi in gioco nel libero dibattito, disponibile a concedere qualcosa all'interlocutore. Può darsi che l'immediatezza della tragedia non fosse il momento giusto, ma adesso è legittimo domandarsi se davvero a destra si è disposti all'autocritica di certi toni e di certi atteggimenti. Veniamo al Centrosinistra, all'interno del quale sono stati abbondandi gli interventi di solidarietà per le vittime e biasimo delle espressioni intolleranti e della violenza politica.

Ma il Centrosinistra in Toscana e a Firenze non è solo forza maggioritaria, ma anche governo locale. E allora ci si poteva ettendere, in particolare dal Partito Democratico, l'avvio di una iniziativa politica che mettesse al centro del dibattito nazionale il tema della tolleranza nei confronti degli immigrati. Il paradosso è che lo stesso giorno in cui Gianluca Casseri esplodeva i suoi proiettili d'odio, al Palamandela di Firenze, il Presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi si rivolgeva a migliaia di studenti con queste parole: “In Toscana sono 33.000 i bambini che nascono ogni anno, e almeno 8.000 sono figli di genitori stranieri.

Ma nascono qui e fino a 18 anni non diventano italiani. Sono vostri compagni di scuola ed è ingiusto che debbano aspettare per diventare fratelli d’Italia. Questo farebbe bene anche al vostro futuro. C’è una proposta di legge per riconoscere questo diritto, ditelo ai vostri genitori e ai vostri compagni che hanno 18 anni di firmare perché sia presentata e approvata". Ma le parole e l'iniziativa legislativa di Enrico Rossi sembra che non le conoscano prima di tutto i suoi compagni di partito.

A distanza di un mese dalla strage, non pare che questo tema sia al centro del dibattito del PD. Il partito in Toscana sembra piuttosto dilaniato da una polemica interna, tra correnti regionali, conflittuali in vista del prossimo congresso nazionale e delle elezioni politiche, che avranno luogo al più tardi nella primavera del 2013. Quanto pesano la possibile candidatura nazionale del Sindaco di Firenze e la sua rivalità con il compagno di partito, presidente della Regione, sulle attuali polemiche circa i trasferimenti regionali al comune capoluogo, sulla gara regionale per il trasporto pubblico e la privatizzazione dell'Ataf? Matteo Renzi teme che l'integrazione degli immigrati sia un argomento non elettoralmente spendibile? Peccato: il sacrificio di Modou Samb e Mor Diop, meritava una prospettiva migliore. Pensate come sarebbe bello se proprio dalla Toscana, i più validi esponenti del Partito Democratico, guardati con interesse e simpatia nel resto del paese, sapessero concordare una strategia comune per uscire prima di tutto dallo stallo e dalla rivalità di corrente.

Come sarebbe utile per tutti che nascesse proprio in Toscana l'esempio di una diversa gestione del partito da parte delle “nuove generazioni”, insofferenti per gli schematismi dei capicorrente. Il nostro auspicio è rivolto alla sinistra democratica e riformista, che attraversa una fase di spaesamento degli obiettivi e sembra incapace di individuare un'identità sociale che ne sintetizzi ideali e aspirazioni. Realizzare attorno a un progetto di integrazione una rete di solidarietà politica sarebbe la risposta più efficace al messaggio populista e privatista che la destra esprime.

Saprà il PD abbandonare lo sterile ”autoritarismo dei sondaggi” e riconoscersi nella costruzione di un “nuovo popolo italiano” per il futuro del paese?

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