Le società di capitali a Firenze tornano a investire

L’analisi dei bilanci delle società di capitali presentata oggi si riferisce al momento d’impatto della crisi, il 2008. Nonostante i dati congiunturali negativi emerge una buona strutturazione aziendale in gran parte dei settori.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
28 giugno 2010 16:02
Le società di capitali a Firenze tornano a investire

La crisi che si è abbattuta sull’economia mondiale nel IV trimestre 2008 non ha risparmiato la provincia di Firenze, ma i suoi effetti si notano a livello di risultati aziendali, piuttosto che a livello di popolazione imprenditoriale. Infatti, il 2008 segna ancora un anno di crescita nel numero delle imprese (+2,8%). Invece, guardando ai principali indicatori di sviluppo, ricavi e valore aggiunto, la provincia di Firenze ha patito in maniera più pesante i colpi della crisi rispetto alla media regionale.

In effetti, la diminuzione dei ricavi si attesta al -2,1% contro il -1,5% e la diminuzione del valore aggiunto al -2,7% contro il -1,7%. Fortunatamente i livelli di redditività operativa delle aziende della provincia di Firenze erano (2007) più elevati di quelli registrati a livello regionale e, pertanto, ancorché la crisi abbia ridotto il vantaggio, le imprese fiorentine mantengono una redditività dei capitali investiti in azienda più elevata: 6,49% vs 6,24%. La causa di questi risultati è da ricondursi essenzialmente alla contrazione del fatturato, piuttosto che a variabili interne alle imprese.

L’effetto sorpresa della crisi ha impedito agli imprenditori e al sistema di prendere per tempo contromisure quali il ricorso alla CIG, cosicché la rigidità dei costi di struttura si è portata via i margini di redditività che nel 2007 avevano raggiunto livelli apprezzabili. La forte flessione della redditività ha un impatto negativo anche sulla liquidità aziendale e, nonostante un rapporto tra mezzi propri e debiti in aumento, le imprese fiorentine mostrano tensioni di liquidità ancora maggiori delle colleghe toscane, occorrendo loro ben 202 giorni di attività per produrre sufficiente liquidità da ripagare i soli oneri finanziari. Certo non tutte le imprese hanno reagito in maniera uguale alla crisi.

Infatti, se le imprese con un fatturato maggiore di 10 milioni di euro hanno ceduto solamente ½ punto percentuale di fatturato, quelle con un fatturato inferiore a 2 milioni hanno lasciato sul terreno ben oltre 3 punti percentuali. E, tuttavia, poiché notoriamente le imprese di maggiori dimensioni hanno margini più ridotti rispetto a quelle di minori dimensioni, l’impatto sul valore aggiunto e sulla redditività è stato pesante per tutte le classi dimensionali. Unica nota distintiva: il tasso di investimento.

I dati sembrano suggerire che le medie e le grandi imprese, diversamente dalle altre, siano tornate a investire. La crisi non ha alterato i pesi relativi dei settori industriali. L’agricoltura, che pesa per l’1% del valore aggiunto provinciale, non ha risentito della crisi a livello delle vendite, che continuano a crescere (+4,2%), ma la redditività è praticamente azzerata e con essa la liquidità. L’industria, esaminata in 4 diversi sottosettori (manifatturiero, costruzioni, utilities ed estrazione) mostra risultati differenziati.

I settori delle costruzioni e delle utilities sembrano non essere stati ancora colpiti dalla recessione; infatti, crescono sia i loro ricavi, sia il valore aggiunto. Questi dati, inoltre, sono in controtendenza con quelli registrati a livello toscano, dove tutti i settori industriali mostrano una flessione dei ricavi. Diametralmente opposte, invece, le tendenze dei settori manifatturiero ed estrattivo, quest’ultimo in fase recessiva già dal 2007. Seppur le aziende dei settori industriali della provincia fiorentina mantengano livelli di redditività operativa superiori alla media regionale, la flessione è stata marcata in tre sottosettori su quattro, anche in quelli i cui ricavi sono cresciuti.

Dunque, per il manifatturiero la causa della flessione di redditività è da rintracciarsi nella perdita di fatturato, nelle utilities nella crescita degli investimenti che, a causa della crisi, non hanno prodotto una crescita adeguata alle attese, risultandone un appesantimento strutturale, nelle costruzioni nell’aumento dei costi interni, in particolare nella minore produttività del lavoro. Viceversa, un forte ridimensionamento del peso dei costi interni salva i livelli di redditività del settore estrattivo. Chiudendo con il settore dei servizi occorre preliminarmente ricordare che questo pesa per il 55% del valore aggiunto provinciale, testimoniando una maggiore vocazione ai servizi dell’area fiorentina rispetto alla media regionale.

Il settore è stato analizzato in base a tre sottosettori: commercio-pubblici esercizi, trasporti-comunicazioni e altri servizi non finanziari. La crisi sembra aver colpito solamente i primi due in termini di fatturato. Ancora una volta, però, a risentire della crisi sono i livelli di redditività. Infatti, tutti i settori registrano i peggiori valori di redditività del quinquennio di osservazione. Il settore del commercio-alberghi e pubblici esercizi perde il 21% di rendimento (5,25% vs 6,68%), quello dei trasporti e delle telecomunicazioni il 33% (4,42% vs 6,58%) e quello degli altri servizi non finanziari il 14,70% (7,67% vs 8,99%).

Queste flessioni di rendimento dei capitali investiti nelle aziende di servizi sono marcatamente superiori a quelle registrate nelle aziende industriali. La ragione deve essere rintracciata nel più contenuto sviluppo del valore aggiunto negli anni in cui l’economia registrava tassi di crescita positivi e nella minore redditività delle vendite delle aziende di servizi rispetto a quelle industriali, che consente di assorbire peggio le variazioni negative di fatturato.

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