Affitti: a Firenze i canoni sono diminuiti dell’1,4%

In 8 casi su 10 si ricorre al contratto a canone concordato. Crollo dell’edilizia residenziale pubblica: 12 mila richieste di sfratto, 2 mila alloggi pubblici sfitti

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
22 aprile 2018 23:45
Affitti: a Firenze i canoni sono diminuiti dell’1,4%

Quasi un inquilino su due (40%) a Firenze sceglie l’affitto per motivi di studio e oltre un terzo (35%) lo fa per ragioni di lavoro. E’ quanto emerge dal Rapporto sulle locazioni 2017 di Solo Affitti, rete immobiliare specializzata nella locazione con 300 agenzie, elaborato con il supporto scientifico di Nomisma. Nel capoluogo toscano solo il 20% degli inquilini sceglie la locazione come abitazione principale, mentre la quota restante va in affitto per turismo (2,5%) o altri motivi (2,5%).

Chi vive in affitto

 Forse anche per l’elevata presenza di studenti fuori sede e lavoratori in trasferta, il capoluogo toscano, assieme a Catanzaro, è quello dove è più diffuso il fenomeno della condivisione dello stesso appartamento per abbassare i costi dell’affitto: una scelta operata da oltre un terzo degli inquilini (35%), il doppio della media nazionale (16,3%). Secondo il Rapporto sulle locazioni 2017 di Solo Affitti, a Firenze il 35% degli inquilini sono costituiti da coppie senza figli, un valore poco più basso del dato nazionale (36,6%), e il 20% da coppie con figli (25,8% la media nazionale). Le città capoluogo con la più alta percentuale di coppie in affitto sono Aosta (80%), Napoli (76,7%) e Campobasso (75%).Solo un locatario su 10 a Firenze va in affitto da solo, una delle percentuali più basse tra quelle rilevate da Solo Affitti nei capoluoghi italiani.

I canoni di locazione

 Firenze (652 euro), dopo Milano (938 euro) e Roma (789 euro), è al terzo posto nella classifica dei capoluoghi italiani con gli affitti più cari d’Italia, mentre quelli più a buon mercato sono stati rilevati a Catanzaro (327 euro), Perugia (356 euro) e Potenza (367 euro). Solo Affitti rileva che nel capoluogo toscano tra 2016 e 2017 i canoni medi di locazione delle abitazioni non arredate si sono ridotti dell’1,4%, in controtendenza rispetto al dato nazionale (+2,6%), al contrario sono cresciuti i prezzi delle case arredate (+0,7%) e di quelle dotate di garage (+1%). Per un monolocale non ammobiliato a Firenze si pagano 510 euro (559 se arredato) e 71 euro in più sono richiesti per un bilocale (629 se arredato).

Nel capoluogo toscano, fanno notare da Solo Affitti, i prezzi dei trilocali si attestano attorno ai 681 euro (729) e arrivano a 887 euro mensili per i quadrilocali arredati. Nelle zone di pregio i canoni medi di affitto delle abitazioni non arredate oscillano dai 570 euro (monolocali) ai 1.000 euro (quadrilocali) mentre nelle periferie la forchetta di prezzo di queste tipologie di immobili varia dai 500 euro agli 800 euro.

I contratti d’affitto più utilizzati

 Dal Rapporto sulle locazioni 2017 di Solo Affitti emerge che a Firenze in 8 casi su 10 si utilizza il contratto a canone concordato, nelle diverse formule “3+2”, canone “concordato per studenti universitari” e “transitorio”. Questo tipologia di contratto, che avvantaggia i proprietari di casa con un regime fiscale vantaggioso e gli inquilini per l’applicazione di canoni calmierati, è particolarmente utilizzato a Perugia (97% dei contratti), Trieste (95% dei contratti), Venezia e Cagliari (90% ciascuna). A Firenze meno di un contratto su cinque (15%) è libero (4+4) e solo il 5% completamente libero.

Quanto tempo per trovare casa

 Firenze, con Bologna, è uno dei capoluoghi dove per arrivare alla firma del contratto di affitto si impiega meno tempo (1,3 mesi). Solo Affitti ha rilevato tempi più rapidi solo a Cagliari (0,9 mesi). La ricerca dell’immobile in affitto richiede più tempo ad Aosta (3,5 mesi), Napoli (3,4 mesi), Bari e Campobasso (3,3 mesi ciascuna).

La permanenza nello stesso appartamento

 Nel capoluogo toscano gli inquilini rimangono nella stessa casa mediamente per 2 anni, poco più della media nazionale (23,4 mesi). A Trieste risiedono i locatari che cambiano casa con maggiore frequenza (ogni 16 mesi), seguiti da quelli di Bari, Catanzaro e Trento (18 mesi). Restano nello stesso appartamento per quasi 3 anni (30 mesi) gli inquilini che vivono a Napoli, Campobasso e Aosta.

Sindacati inquilini: in Toscana è emergenza casa

Ancora una volta i sindacati dei lavoratori CGIL, CISL, UIL, i sindacati degli inquilini SUNIA, SICET, UNIAT, Unione Inquilini, si ritrovano insieme nell’esprimere forti riserve riguardo la proposta di legge regionale sulla quale il consiglio regionale della Toscana si dovrà pronunciare nelle prossime settimane, che ridisegna le modalità di assegnazione di una casa popolare, definisce i canoni di affitto, le regole per la convivenza, permanenza nel sistema dell’edilizia pubblica e le modalità di gestione della stessa. Attualmente, in Toscana sono presenti 5.916 fabbricati che contengono poco più di 49.700 alloggi di case popolari, abitate complessivamente da oltre 115,000 persone.

Solo 256 sono gli alloggi occupati abusivamente e oltre 2000 rimangono ancora quelli sfitti, non assegnati in tempi celeri perché in corso di ristrutturazione (circa 300), o per la cronica mancanza di risorse necessarie alla ristrutturazione stessa. Sono oltre 26.000 le famiglie che hanno presentato presso i rispettivi comuni di residenza domanda per l’assegnazione di una casa popolare, ma solo il 4% di questi si vedrà effettivamente assegnato un alloggio dopo un tempo medio di attesa di circa sei anni.

Da una media di mille fabbricati di edilizia pubblica costruiti in Toscana nel decennio 1990-2000 si e passati ai soli 157 dell’ultimo decennio e le previsioni non sembrano certo essere in controtendenza, anzi! Intanto, secondo gli ultimi dati disponibili, gli sfratti non accennano a diminuire con 12.109 richieste di sfratto, con 4.613 convalide di esecuzione da parte dei Tribunali e con 3.421 provvedimenti di sgombero forzato eseguiti con la forza pubblica. Uno sfratto ogni 479 famiglie, contro uno ogni 732 del livello nazionale.

Le risposte che la Regione si appresta a dare con la revisione della legge appaiono ancora una volta insufficienti a dare soddisfazione al crescente numero di famiglie toscane colpite da precarietà lavorativa e da una sempre più scarsa disponibilità di alloggi privati in affitto a canone sostenibile, soprattutto nelle grandi aree urbane. Anche questa volta la proposta di legge non prevede alcuna forma di finanziamento regionale costante del settore, ma si affida alle esigue e intermittenti risorse del governo nazionale di turno.

Chiediamo invece che si reperiscano risorse anche dalla fiscalità generale regionale, mirando a colpire le rendite fondiarie esclusivamente speculative che stanno pesantemente condizionando in negativo il mercato della locazione ad uso di abitazione principale, in modo da consentire la predisposizione di un piano pluriennale di interventi per la ristrutturazione e conseguente assegnazione“in tempo reale” degli alloggi esistenti e per la costruzione di nuovi edifici, soprattutto nelle aree a più forte tensione abitativa.

Preoccupa una parte della legge che, se approvata, costringerà le famiglie che hanno redditi da lavoro e da pensione “normali”, ad uscire dal sistema delle case popolari perché considerate troppo ricche, o indurrà migliaia di inquilini non più giovani, rimasti soli per il naturale trasferimento o decesso dei familiari, a firmare una liberatoria al trasferimento in altro alloggio senza sapere né dove, né quando. In caso di rifiuto sarà previsto un aumento oltre il normale affitto di 56 euro al mese per ogni vano in più e la trasformazione del contratto di affitto da permanente a transitorio.

Le ripercussioni sarebbero drammatiche, con le molteplici negative conseguenze di lasciare progressivamente gli alloggi quasi esclusivamente a famiglie con gravi disagi sociali, economici e socio-sanitari, ingenerando ghettizzazioni, conflittualità, abbandono, riducendo l’edilizia pubblica a “deposito” assistenziale e non più a strumento di emancipazione sociale e sostegno ai redditi delle famiglie. La razionalizzazione delle aziende di gestione del patrimonio di case popolari per conto dei Comuni proprietari le porterebbe da undici a tre, senza però avere in alcun modo chiaro quali saranno i benefici apportati da questo processo, tralasciando di fatto le reali esigenze di miglioramento del sistema di gestione come l’individuazione di una unica forma di contratto di servizio in modo da garantire prestazioni efficienti ed efficaci in maniera omogenea su tutto il territorio regionale, o come la destinazione degli utili prodotti dalle aziende da ridestinare obbligatoriamente solo al sistema di edilizia pubblica e non ad altre voci dei bilanci comunali come oggi quasi sempre avviene.

La proposta sottovaluta anche il tema della coesione sociale, integrazione e rispetto delle regole di convivenza nelle case popolari. Il progressivo inserimento nel sistema dell’erp di famiglie con situazioni “delicate” seguite dai servizi sociali e sanitari, le diverse origini di provenienza e abitudini, stanno ingenerando un aumento delle conflittualità e delle intolleranze senza che le istituzioni preposte intervengano in caso di ripetute violazioni delle regole, con la conseguenza di alimentare il senso della certezza dell’impunità da un lato e dall’altro la rassegnazione e l’isolamento in chi, pur comportandosi correttamente, non trova risposte nelle istituzioni.

A tal proposito, i sindacati prevedono l’ obbligo per tutti i componenti maggiorenni dei nuclei familiari a cui verranno assegnati alloggi popolari di impegni a sottoscrivere un codice etico di comportamento per la corretta convivenza frequentando corsi di formazione civica e informazione ad hoc, oltre a prevedere regolamenti operativi con tanto di sanzioni, per il cui rispetto e controllo dovrà essere impiegato personale adeguatamente formato.

In evidenza