Don Santoro: corsi e ricorsi del cattolicesimo fiorentino

La Curia fiorentina solleva il Parroco delle Piagge. Domenica la prima Messa del sostituto, Don Renzo Rossi. La comunità di base in piazza come 31 anni fa all'Isolotto. Ma la città, sia cattolica, che laica, rimane sostanzialmente indifferente

Redazione Nove da Firenze
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05 novembre 2009 19:14
Don Santoro: corsi e ricorsi del cattolicesimo fiorentino

di Nicola Novelli Firenze- Solidarietà per don Santoro dai manifestanti che digiunano sotto la sede della Curia in polemica contro la rimozione dalla sua storica parrocchia. Da qualche giorno, e almeno sino a domenica prossima, un centinaio di persone spontaneamente si sono date appuntamento in piazza del Duomo per esprimere la contrarietà all'allontanamento. Il vescovo Betori ha detto di essere disposto a recarsi alle Piagge, se sarà invitato, come aveva già detto a don Santoro.

Ma domenica scorsa erano in 1.500 per l'ultima messa dell'"esiliato". Betori ha rimosso Don Santoro dalla guida della comunità, dopo che il sacerdote aveva sposato, nelle settimane scorse, una donna nata uomo, ma regolarizzata all'anagrafe dal 1982. La decisione della Curia fiorentina ha provocato sconcerto nella comunità piaggese e una forte e accorata protesta. È in questa periferia di Firenze che nel 1994 don Alessandro Santoro celebrò nel mese di novembre la sua prima messa all'aperto. La vicenda di "Alessandro, prete", ricorda quella di 31 anni fa (singolare ricorrenza, proprio alla fine di ottobre), dell'Isolotto, il quartiere dove nacque, nel 1954, una delle Comunità di base più significative.

L'Isolotto restò per decenni un quartiere dormitorio e senza servizi. Le Piagge come l'Isolotto? Nel 1968, a febbraio, la liturgia dell'Isolotto propose i temi sia della penitenza per le colpe dei cristiani nella guerra in Vietnam sia della pace come imperativo evangelico, temi elaborati ed espressi per tutto l'anno precedente con la lettera al papa nella Pasqua '67, la veglia cittadina di 24 ore nel maggio e la veglia di Natale dello stesso anno. Il 20 settembre all'Isolotto Don Mazzi e altri due sacerdoti fiorentini sottoscrissero una lettera di solidarietà al gruppo giovanile cattolico de «I protagonisti» che denunciava la costruzione di una nuova chiesa con i fondi della Cassa di Risparmio a Parma.

Nel volantino si affermava che la Chiesa non poteva accettare quel contributo e doveva fare una scelta discriminante fra i poveri i padroni. Il 30 settembre giunge all'Isolotto una lettera dell'arcivescovo Ermenegildo Florit, indirizzata al parroco don Enzo Mazzi, chiedendogli di ritrattare la lettera-volantino e dandogli un mese di tempo per riflettere. Il 7 ottobre Don Sergio Gomiti, parroco di Casellina, annuncia le sue dimissioni in quanto corresponsabile degli atti per i quali è condannato l'Isolotto, seguito, qualche giorno dopo, anche da don Bruno Borghi, prete operaio, parroco di Quintole. Il 28 ottobre riunione a Firenze di un gruppo di sacerdoti che scrivono una lettera di "affettuosa vicinanza" a don Mazzi.

La lettera è firmata da 93 sacerdoti fra cui anche don Silvano Piovanelli futuro cardinale arcivescovo. Il 31 ottobre forse diecimila persone partecipano all'Assemblea parrocchiale dell'Isolotto, riempiendo la Chiesa e la piazza. L'Assemblea, si protrae fino a notte fonda a causa della quantità degli interventi, spesso fatti a nome di interi caseggiati e strade. Al termine viene approvato un documento in cui la Comunità parrocchiale chiede al vescovo di recarsi all'Isolotto. La Curia procedette ugualmente alla rimozione dall'ufficio di parroco, ma il gesto ebbe risonanza mondiale e la piazza dell'Isolotto divenne un crocevia internazionale.

In Vaticano ricevevano lettere dai vescovi dell'Australia, dalla Nuova Zelanda, dall'America latina, per sapere cosa stava succedendo. Mazzi nei giorni della rimozione ricevette anche la visita provata del prof. La Pira. Il caso dell'Isolotto fu tanto planetario che il libro scritto dalla Comunità per la Laterza, «Isolotto 1954-1969», venne tradotto in francese, tedesco, spagnolo, portoghese. Nel gennaio 1969 la chiesa dell'Isolotto fu invasa da una delle prime squadre neo-fasciste che, armate di spranghe, catene e bastoni, cacciarono le persone che a quel tempo costituivano la comunità di base dentro la parrocchia.

La magistratura perseguì per turbamento di funzione religiosa le persone della Comunità dell'Isolotto, che dopo qualche anno saranno pienamente assolte. Tra le due vicende ci sono alcune somiglianze: un quartiere di periferia, dove un prete costruisce da zero una parrocchia e intorno a se una comunità di base. Il sacerdote interpreta il proprio ministero come militanza sociale. Ma la Curia lo rimuove infine dal servizio. Sin qui le similitudini. Perché il seguito divarica le due storie.

Nel '68 il parroco infatti non accetta l'ordine arcivescovile e la comunità lo segue nella ribellione contro la Curia. E il caso suscita la reazione di un pezzo di chiesa fiorentina, la solidarietà dei colleghi parroci, la simpatia dell'opinione pubblica laica e della politica di sinistra. Oggi invece la vicenda stenta ad avere un rilievo sulla stampa nazionale, la sinistra politica si imbarazza, il sindaco cattolico non si pronuncia e la Firenze, sia cattolica che laica, non diventa un riferimento internazionale come '31 anni fa.

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