La Cia Toscana si appella alla Regione

Produzione in rosso: per ogni ettaro si perdono 300 euro. Del Carlo, Cia: "Non si può chiedere agli agricoltori di produrre in condizioni di sicura perdita economica".

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
08 ottobre 2009 15:40
La Cia Toscana si appella alla Regione

Produrre il grano in Toscana non conviene più, anzi si ha una perdita media di 300 euro per ettaro. Così la pasta fatta in Toscana potrebbe divenire solo un ricordo. L’allarme viene lanciato dalla Cia Toscana: "La crisi del settore cerealicolo – sostiene - non conosce soste e precipita sempre più. La coincidenza fra crisi di mercato, dei prezzi e i pessimi risultati dell’annata produttiva, stanno mettendo a rischio la tenuta delle aziende, delle cooperative e di tutto l’indotto". In questa situazione – fatta presente alla Regione Toscana attraverso un documento presentato al Coordinatore del Dipartimento Agricoltura della Regione Toscana - sono a rischio le semine per la prossima annata agraria.

Un calcolo spiega che non conviene più produrre: "Agli agricoltori – sottolinea Alessandro Del Carlo, della presidenza della Cia Toscana - non si può chiedere di produrre in condizioni di sicura perdita economica, quando i costi di produzione sono mediamente attorno ai 900 euro ad ettaro, con dei ricavi che oscillano sui 600 euro". Serve perciò una riflessione urgente anche in Toscana: "Chiediamo la convocazione del tavolo regionale di settore – aggiunge Del Carlo - per discutere possibili interventi immediati, magari attivando uno specifico bando di filiera sul Psr, nell’ambito di una strategia che punti a costruire e a rafforzare la filiera toscana con un ruolo più forte delle strutture economiche nella tutela e valorizzazione del prodotto toscano con particolare riferimento al grano duro".

Inoltre, in tema di tutela della produzione toscana e nazionale, - aggiunge la Cia regionale - è necessario attivare tutte le forme di controllo della produzione sia di provenienza comunitaria che extracomunitaria in arrivo soprattutto negli scali portuali. Risulta incomprensibile come il mercato del grano duro continui a dare segnali ribassisti nonostante il crollo delle produzioni che sono scese in Italia, che pure è un grande produttore, da 5,1 a 2,8 milioni di tonnellate. Situazione questa da attribuire alle importazioni che hanno raggiunto, il picco di circa 5 milioni di quintali e altri 7 milioni dovranno arrivare entro la fine dell’anno, una quantità sproporzionata che è andata ben oltre la domanda e ha finito per influenzare negativamente il mercato a tutto danno della produzione nazionale.

"Fondamentale – dice Luca Tommasi - coordinatore del Gruppo di interesse economico settore cereali della Cia, – è, dunque, il rispetto delle regole alle quali devono sottostare tutti i prodotti di importazione soprattutto extracomunitaria; rispetto delle regole sia sul piano sanitario che qualitativo così come richiesto dall’Unione Europea, assieme alla necessità di verificare l’applicazione dei dazi e delle certificazioni per l’importazione. In Toscana – continua Tommasi – è a rischio il prodotto locale per eccellenza, cioè la pasta, per questo è necessario attivare una politica forte per il settore, anzitutto attraverso l’approvazione del piano cerealicolo nazionale, ma anche con l’attivazione dei fondi Fas per il sostegno ai progetti di filiera, mentre per andare incontro ai problemi più urgenti dei produttori, ovvero, anzitutto per sostenere le semine, occorrerebbe prevedere l’anticipo dei premi Pac 2010 entro la fine dell’anno".

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