Dalla provincia di Agrigento in arrivo a Carrara vini e olio doc, conserve d’autore e dolci, frutta e formaggi per tutti i più irrinunciabili peccati di gola

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
25 giugno 2004 10:25
Dalla provincia di Agrigento in arrivo a Carrara vini e olio doc, conserve d’autore e dolci, frutta e  formaggi per tutti i più irrinunciabili peccati di gola

Carrara - La provincia di Agrigento fa le cose in grande. A Buon’Italia 2004 sbarca con un carico di primizie tali da far pentire anche i dietisti più convinti. Vino, olio, conserve, dolci, gelati, tarocchi freschi grandi come meloni. E tanta gastronomia: panelle, crocchette, caponate. Tutto di prima qualità. Tutto da non lasciarselo scappare.
Come molte delle province siciliane ha da tempo abbandonato la quantità per la qualità. Ha capito come si fanno i vini d’autore, ha raffinato ancora di più la produzione d’olio e ha imparato come si promuove la buona tavola, insieme alla cultura e al turismo.

“Ottimo partecipare a una rassegna qualificata come Buon’Italia”, dice il presidente della provincia, Vincenzo Fontana, “La nostra agricoltura e i suoi prodotti riusciranno certo ad affermarsi anche in Toscana così come sono riusciti a farsi valere in tutto il mondo, diventando fiore all'occhiello della nostra economia”.

L'olio è niente meno che l’oro di Sicilia.

La Val di Mazara è in effetti un'area particolarmente vocata che comprende territori a olivo delle province di Agrigento,Trapani e Palermo. Con varietà come l’oliva Cerasuola, la Nocellara, la Biancolilla, l'Ogliarola Messinese, la Giarraffa. L'extravergine che se ne ottiene ha color giallo-oro e sfumature verde intenso, profumo fruttato e a volte anche di mandorla. L'ideale condimento per insalate di rucola, finocchio, olive nere.

Se l’olio è oro, il vino di Agrigento non è da meno: è il nettare degli Dei.

Qua si coltiva la vite da millenni, ma in realtà il vino lo si sapeva fare poco. Tant’è che lo si è sempre usato per tagliare vini di maggior pregio, anche francesi. Oggi è tutt’altra storia. Hanno valorizzato vitigni autoctoni accanto ai molti importati e hanno preso dimestichezza con le moderne tecniche enologiche. Una rivoluzione che ha prodotto un’infinità di cultivar (Cataratto, Insolia, Trebbiano, Nerello, Nero d'Avola e Grecanico, Chardonnay, Sangiovese, Merlot e Cabernet) con molte etichette di alto rango.

E le conserve? Qui Agrigento è all’avanguardia.

Che si tratti di verdure (melanzane, peperoni, funghi, carciofi) o di pescato. Pesce azzurro, tonno, alici, sgombri, acciughe conservati sott'olio, sotto sale e con un po’ di peperoncino, aglio e prezzemolo, non temono sfida alcuna. E guai a dimenticare le mitiche sarde salate o il pesce spada affumicato.

E le mandorle? L’arte di trattarle risale ai fenici addirittura. Siamo ai quattro quarti di nobiltà. La mandorla è la regina della frutta secca, buona per confetti, paste e latte derivati, torrone, sorbetti e gelati.

Col pistacchio è matrimonio perfetto.

E i formaggi? Come scordarsi del celebrato pecorino di Agrigento farcito di pepe, o della fresca Vastedda del Belice? E infine l’uva e gli aranci, le pesche e i meloni di Sicilia. I grandi grappoli polposi che crescono nella campagna di Canicattì fanno il paio con i meloni di Licata e le pesche di Bidona si sposano con le arance zuccherine che si coltivano dovunque. E’ un bendiddio baciato dal sole e dalle brezze di mare. A luglio ne faremo conoscenza da vicino.

A Buon’Italia.

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