Recuperato gran parte del ghetto La “Piccola Gerusalemme” dentro le mura di Pitigliano

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
05 febbraio 2003 07:04
Recuperato gran parte del ghetto La “Piccola Gerusalemme” dentro le mura di Pitigliano

Pitigliano, città protagonista di una storia esemplare di convivenza civile ed integrazione religiosa. Terra di rifugio, “Piccola Gerusalemme”, tra le sue mura nel Cinquecento trovò asilo una comunità ebraica, ieri rischiava per sempre di essere cancellata, oggi è iniziata la sua rinascita… Un’importante opera di recupero realizzata dal Comune di Pitigliano ha fatto riemergere gran parte del ghetto ebraico.
Tutti comunemente lo chiamano “ghetto”. A Pitigliano bastano cento passi per attraversarlo.

Cento passi e sei a “Capisotto”, fuori dal luogo dove gli ebrei hanno vissuto, cento passi e ti avvii verso Porta a Sovana, esci dalla rupe di tufo. Questi “limiti”, invisibili nel vicolo che attraversa il paese, raccontati soltanto da chi vive a Pitigliano, sono la prima caratteristica della Piccola Gerusalemme. Il ghetto è piccolo, neppure paragonabile ad altri luoghi simili di altre città o paesi, e, forse, proprio per questo scomparso insieme agli ebrei che lo abitavano.

Il nuovo inizio della Piccola Gerusalemme
La Sinagoga di Pitigliano, crollata una volta ricostruita, fu chiusa nel 1960.

Per molti anni nessuno ha più attraversato il suo severo cancello in ferro battuto, nero custode di un tempio che sembrava aver ceduto per sempre al trascorrere degli anni e all’incuria. Ma quel cancello nel 1995 è stato finalmente riaperto restituendo al mondo e alla comunità ebraica l’antica Sinagoga fedelmente ristrutturata e riportata allo splendore del suo passato. Fu un grande risultato, ma la città di Pitigliano avvertiva ancora forte il desiderio di riconsegnare al presente i simboli antichi di una storia nata dentro la sua storia.

Una storia che racconta di rapporti secolari di convivenza, amicizia e rispetto tra ebrei e cristiani. Una storia unica ed esemplare che merita di essere per sempre affidata alla memoria. Così i pochi rappresentanti della comunità ebraica rimasti in questo suggestivo centro della bassa Maremma hanno fondato l’associazione “La Piccola Gerusalemme” ed insieme ai pitiglianesi e grazie alle energie e alle risorse messe in campo dalle istituzioni locali hanno restituito al loro paese e al mondo intero una parte importante dell’antico ghetto ebraico, che si estende su circa mille metri quadrati all’interno del centro storico.

E’ stato inaugurato il 6 dicembre dello scorso anno.
Il nuovo inizio della Piccola Gerusalemme.

Una Comunità senza gente
Un restauro, però, può anche restituire la vita a un luogo del passato, non semplicemente mostrarlo. A Pitigliano sta rinascendo una comunità senza ebrei. Vengono da tutto il mondo a sposarsi in Sinagoga, tornano nel cimitero che guarda la valle del Meleta. Nessuno rimane.
Il vino Kasher viene imbottigliato e venduto con il pane azzimo prodotto nel rispetto delle regole.

Il calendario ebraico scandisce riti e festività per un popolo che non c’è.
Pitigliano si propone oggi come un luogo simbolo per il mondo, un museo - comunità di una religione e di una cultura ancora viva e di un rapporto tra culture diverse costruito nella pace e nel lavoro. Shalom qui vuol dire pace, veramente. Torneranno?

Le trine del pane azzimo, leggere vestali del Ghetto ebraico
Sono le trame del pane azzimo nella vetrina del fornaio, fini e raffinate come un vecchio merletto, e il profumo, dolce di miele, degli sfratti i segni che ti fanno capire di essere in una zona speciale.

Tanti piccoli archi si aprono nelle viuzze interne della Pitigliano medievale, case che si sovrastano ed intersecano, scendono sui fianchi della rupe e diventano la porta della “Piccola Gerusalemme”, della “città rifugio”, il cui primo seme piantò un semplice medico al servizio degli Orsini. Un luogo diventato famoso nel mondo per aver formato rabbini e personaggi di levatura internazionale quali Dante Lattes e Flaminio e Ferruccio Servi, fondatori del primo giornale ebraico italiano, il “Vessillo Israelita”.



Il palazzo paese
Il ghetto di Pitigliano è un grande palazzo - paese, dove la storia e le antiche testimonianze si intrecciano. I restauri completati recentemente e che interessano soltanto una parte, confermano al visitatore l’impossibilità di viaggiare in maniera lineare, ma la necessità di spostarsi tra piani diversi, tra livelli che conducono da una storia ad altre storie. Il primo incontro è con il silenzio quasi sacro e la penombra dell’antico bagno mikve. Le ombre che giocano sulle pareti di questa stanza sotterranea evocano immagini di donne che qui venivano a purificarsi.

Il corridoio prosegue la sua discesa fino ai locali della antica cantina Kasher dove fermentava il vino per la comunità prodotto secondo le antiche regole.
Una lama di luce entra dalla parete opposta, quasi a ricordare che lì si apre il cuore del quartiere ebraico. Ancora piani diversi e corridoi che conducono ad altri racconti.
Sotto la Sinagoga nascerà un prezioso museo della cultura ebraica, ancora in fase di allestimento, ma è quasi certo che vi sorgeva il primo luogo di culto.

Un’antica scala testimonia la possibile esistenza di un matroneo.
I bambini della Comunità passavano certamente dalla biblioteca per andare alla scuola dove oggi si apre una terrazza e più in basso una moderna sala polivalente per riunioni e convegni.
Il lavoro di restauro si sintetizza in due parole: scavare e ricostruire.
A Pitigliano ogni tanto crollano muri, si sbriciola il tenero tufo consumato dall’acqua e dal vento. Ed il ghetto, abbandonato, era crollato su se stesso, strati su strati diversi.

Nell’area dei lavori sono stati scavati circa 1800 metri cubi di detriti. Un lavoro notevole che è stato però premiato. Sotto i frammenti, di quelli che un tempo erano stati gli appartamenti, la biblioteca e la scuola, si sono potute leggere altre “pagine” della storia del Ghetto: là sotto c’era una tintoria, un’antica tintoria, forse il nucleo originario dell’intero complesso. E’ come se il silenzio di quelle stanze restituisse le voci delle persone che lì lavoravano duramente, tra gli odori acri dei colori, lontano dal sole, per costruirsi un futuro, la speranza di un futuro.

La vita si interseca con se stessa ed il colore pochi metri sopra è quello del sangue. Ecco che si apre immensa la macelleria Kasher. Un antro scavato nel tufo con una colonna centrale. “Probabilmente – ci spiega l’architetto Massimo Francardi che ha curato l’intero restauro – quest’area esisteva ancor prima del Ghetto. Sono state trovate testimonianze che fanno pensare ad un antico luogo di culto, precedente all’arrivo degli ebrei a Pitigliano”. In fondo alla stanza un breve corridoio che si apre in una cella, qui le bestie venivano uccise, singolarmente, secondo l’uso ebraico.

Nessun animale doveva veder morire l’altro.
Pochi passi fuori dalla macelleria e si entra nelle due sale del forno delle azzime, conservato perfettamente. C’è ancora il tavolo dove le donne preparavano il pane, la zona dove si impastava e il forno. Antiche foto alle pareti testimoniano la perfetta corrispondenza degli ambienti restaurati con quelli del passato.
Fuori c’è la Sinagoga con il suo matroneo (qui è stata allestita una mostra permanente della cultura ebraica), non separata, anch’essa parte integrante della vita quotidiana.

Ricostruita, restaurata ed arredata è quasi una copia perfetta del tempio del Settecento. Mancano ancora molti oggetti sacri trasferiti dopo l’ultimo esodo a Livorno, Roma ed Israele. La speranza è che un giorno riescano a tornare nella “città rifugio”.
Il primo ebreo che giunse a Pitigliano era un medico
Il primo ebreo che giunse a Pitigliano, allora piccolo feudo degli Orsini, si chiamava Davide de Pomis. Era il 1556. Si stabilì alla corte del conte Niccolò IV come suo medico personale e vi rimase fino al 1562.

La sua città di origine era Spoleto, allora proprietà dello Stato Pontificio, da cui fu cacciato proprio per la sua fede religiosa. “Grazie al cielo passai al servizio del Conte Niccolò Orsini che mi permise di professare l’arte medica per cinque anni nelle tre città rifugio di Pitigliano, Sorano e Sovana…”, scrisse lui stesso in un antico documento. Ma non fu solo rifugio ciò che ottenne Davide de Pomis. Gli venne, infatti, donato anche un appezzamento di terreno, dove poté seppellire la moglie.

Da quella prima tomba nacque il Cimitero ebraico di Pitigliano, ormai importante monumento della “Piccola Gerusalemme”, ancora attivo e custodito come un grande tesoro. Altri ebrei si aggiunsero in quegli anni al medico e altri vennero dopo di lui. Dagli Orsini ottennero privilegi che, in quel tempo, non era certo facile ottenere altrove e alla comunità pitiglianese gli ebrei offrirono ciò che non avevano: un banco di prestito su pegno, esperti artigiani, piccoli commercianti che mancavano ad un’economia essenzialmente rurale.

Nel 1598 fu edificata una sinagoga più grande sul piccolo oratorio in cui i primi ebrei giunti a Pitigliano fino a quel momento si erano riuniti per la preghiera e lo studio. Ma i tempi cambiano sempre e con loro cambiano anche gli uomini del potere. Pitigliano, all’inizio del Seicento, passò in mano ai Medici, signori di Firenze. Sotto il loro dominio gli ebrei furono costretti a vivere in un ghetto, a pagare tasse e tributi ingenti, ad indossare un segno che li distinguesse dal resto della popolazione.
Furono anni duri, difficili, anche se il rapporto con la gente del posto, soprattutto con i più semplici e i più umili era ancora ispirato alla tolleranza e alla fratellanza.

Con i Lorena, principi illuminati e liberali, la situazione cambiò di nuovo: il ghetto fu abolito, furono riconosciuti agli ebrei i diritti fondamentali. La comunità ebraica, che ormai contava circa 300 membri, visse allora la sua epoca più felice, di massimo sviluppo e completamente organizzata con una sinagoga restaurata ed arricchita di dorature e stucchi, il suggestivo cimitero che domina la valle sottostante il paese, un asilo ed una scuola elementare, una jeshivà, una biblioteca ricchissima, un forno per la preparazione del pane azzimo, un bagno rituale, una macelleria Kasher ed alcune istituzioni di mutuo soccorso.

La comunità ebraica e quella cattolica unite in una sola anima contro gli orvietani
Un giorno di luglio del 1799 alcuni soldati di Orvieto entrarono con prepotenza nel ghetto, insultarono il rabbino e profanarono la sinagoga.

Fu un’offesa troppo grande anche per gli indifferenti e per gli stessi avversari di ieri e così la popolazione unita insorse contro la violenza degli orvietani prepotenti ed arroganti. Da quel giorno i rapporti tra le due anime di Pitigliano, quella ebraica e quella cattolica divennero definitivamente aperti ed amichevoli, nel pieno rispetto reciproco.
Nel 1861 viene proclamato il Regno di Italia e gli ebrei ottengono, dopo secoli, la piena uguaglianza dei diritti e dei doveri. Per la comunità di Pitigliano da quel momento inizia la parabola discendente.

Molti giovani decidono di trasferirsi nelle grandi città per frequentare le scuole superiori e le università, anche se non dimenticano la “Piccola Gerusalemme”. Tornano a pregare nel piccolo tempio per le festività solenni e molti di loro scelgono il suggestivo cimitero per il riposo eterno.

Il Fascismo e le leggi razziali si abbattono come una scure anche su Pitigliano
Con l’avvento del Fascismo e delle leggi razziali anche nella “Piccola Gerusalemme” vivere diventa difficile.

Molti padri di famiglia perdono il lavoro e lasciano il paese. Non torneranno più. I pochi rimasti, nel 1943-44 con l’invasione nazista si disperdono nelle campagne in cerca di rifugio. La gente del posto, però, non dimentica e a rischio della propria vita, li aiuta, li protegge, salva i fuggiaschi disperati. Dopo la seconda guerra mondiale gli ebrei rimasti a Pitigliano si contano sulle dita di una mano, il tempio si apre una volta all’anno, nel giorno di Kippur. Poi agli inizi degli anni Sessanta, il tempio cede, crolla e insieme all’antico ghetto si trasforma in un cumulo di rovine.

La “Piccola Gerusalemme” è ormai una comunità finita.

Il vino Kasher rappresenta l’inizio della rinascita
Passa il tempo e Pitigliano rimpiange la sua comunità ebraica, soffre per quello squarcio che si è aperto nel suo panorama, dove un tempo sorgeva il Ghetto e la Sinagoga . Nel frattempo, però, la Cantina cooperativa di Pitigliano comincia a produrre sotto la stretta sorveglianza del Rabbino capo di Livorno il vino Kasher. E’ l’inizio della rinascita. Negli anni ’80 il Comune (il sindaco è Augusto Brozzi), si fa promotore della ricostruzione della Sinagoga.

Sarà completata il 23 marzo del 1995. Da allora molta strada, in pochi anni, è stata percorsa grazie all’impegno degli ultimi ebrei rimasti a Pitigliano, dei pitiglianesi tutti e delle istituzioni locali.
Dopo la ricostruzione della Sinagoga e del matroneo, è stato fissato un nuovo obiettivo: restituire al mondo tutte le testimonianze della storia degli ebrei di Pitigliano. Nel ’99, grazie ai contributi finanziari della Regione Toscana e della Provincia di Grosseto e alle risorse messe in campo dal Comune, sono cominciati i lavori.

Sono terminati lo scorso anno per un costo complessivo di 750 milioni di vecchie lire.
In questa fase, in attesa di organizzare la gestione dei locali della Sinagoga e del Ghetto è possibile visitarli su prenotazione telefonando a Elena Servi, Associazione Piccola Gerusalemme (Tel 0564/616006 – 3397013020 – fax 0564/616077 – e mail mascalo@inwind.it)

Come si raggiunge Pitigliano:
Il principale collegamento viario è l’autostrada (A1) Firenze- Chiusi-Chianciano. Altrimenti dalla Statale n.1 Aurelia imboccando, all’altezza di Albinia, la Statale n.74 Maremmana.

Altre strade di accesso sono la SS 478 Chianciano – Radicofani, la SS 2 (via Cassia) Radicofani – Sforzesca, la SP 34 Santa Fiora – Selvena, la SS 22 Selvena – Sorano (via Elmo), la SS 489 Gradoli – Borghetti, la SS 322 da Grosseto (via Scansano) fino a Montemerano, Manciano, Pitigliano.
Chi desidera ricevere fotografie (in formato digitale) può richiederle a comunepitigliano@libero.it

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