Inaugurata ieri la mostra antologica dedicata a Guido Montaiuti

Redazione Nove da Firenze
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25 aprile 2002 08:28
Inaugurata ieri la mostra antologica dedicata a Guido Montaiuti

Inaugurata ieri nella Sala D'Arme di Palazzo Vecchio la mostra antologica dedicata all'artista teramano Guido Montauti. La mostra proposta dal Comune di Teramo, viene promossa dal Comune di Firenze e organizzata da Firenze Mostre. Curata dal Prof. Nerio Rosa - con contributo scientifico in catalogo del Prof. Bruno Corà - l'esposizione sarà articolata in un percorso allestito in base ad un criterio cronologico e presenterà circa 70 opere tra le più rappresentative del lavoro di Guido Montauti.

Verrà così evidenziato il percorso artistico dell'artista offrendo una panoramica complessiva che rivela la sua esperienza, le tematiche ricorrenti, la sua personalità e il suo rapporto con il territorio abruzzese e con l'arte contemporanea internazionale. Del "caso" Montauti, il critico Enrico Crispolti scrive: "... un pittore per molti aspetti diverso, e per il quale il legame ad una propria matrice antropologica, ecologica e culturale, quale impronta determinante della sua 'personalità' artistica, è quanto mai evidente, e tuttavia in una corrispondenza che vale, esattamente, per il pittore di Pietracamela il rinvenimento originale e l'invenzione figurale dei modi stessi di esplicitarsi di tale matrice.

Intendendo cioè dire che, se tale matrice è così netta e determinante, tuttavia, al di là della sua evidenza antropologica ed ecologica di fondo, i modi del suo configurarsi in immagine, la loro realtà iconologica insomma, sono poi tipiche invenzioni di Montauti, in corrispondenza originale alla pressione di tale matrice, per Montauti appunto essenziale e determinante. Ma a questo punto occorre dire che in certo modo Montauti assomma le due diversità: cioè sia quella di posizione di ricerca, sia quella di collocazione geografica e socio-culturale defilata.

Egli propone attraverso una sorta di molto personale declinazione di situazioni di 'art brut', una corrispondenza appunto ad una propria riconosciuta origine antropologico-socio-culturale pagando il tributo a questa scelta di una collocazione operativa volutamente marginale e 'periferica', recuperandola anzi dopo qualche anno di esperienza ('centrale', se ve ne possono essere) a Parigi. Il suo 'caso' va dunque correttamente collocato sia appunto in una scelta 'brutalista' molto originale, e naturalmente in rottura dialettica con il panorama più ufficializzato e conclamato della ricerca contemporanea, sia in un lavorar 'periferico' inteso come separatezza voluta, intenzionata a corrispondere all'economia di una adesione quotidiana a quella propria matrice, contadina e montanara, riportata quasi al suo 'imprinting' ecologico ed etologico originario.

Ma appunto per la via di una partecipazione ideale ai termini dell' 'art brut'...Montauti si riconnette ad un discorso europeo, vi inserisce le proprie motivazioni immaginative, il proprio patrimonio di corrispondenze antropologiche. Un singolare caso 'periferico' con frequentazioni 'internazionali'. In certo modo si potrebbe pensare al 'vàgero' Lorenzo Viani, alla violenza radicata in una profonda diversità di matrice antropologica e culturale, che egli veniva a portare nei primi due decenni del secolo nel quadro delle (al confronto) più educate tensioni espressioniste e tardosecessioniste non soltanto in Italia....

E si ritorna così all''unicità' del 'caso' Montauti, alla sua molteplice 'diversità', alla sua posizione indipendente e in certo modo solitaria, connessa storicamente a mozioni per aspetti analoghe (appunto nel panorama europeo dell' 'art brut' che è un aspetto dell'Informale europeo negli anni Quaranta e Cinquanta in particolare), e tuttavia giustificabile proprio interamente nell'originale aderenza ad una propria matrice antropologica ed ecologica, assunta come valore personalmente più tipico e rispondente, e come 'valore contro' del quale farsi bandiera di verità umana e di contestazione culturale.

(dal catalogo del "Premio Michetti" di Francavilla al Mare, 1979) L'esposizione viene realizzata nel capoluogo toscano perché forte è stata l'influenza della scuola fiorentina (per stessa ammissione dell'artista) sulla produzione di Guido Montauti. Nel capoluogo toscano la mostra rimarrà aperta sino al 2 giugno p.v. prima di essere riproposta, nel prossimo mese di Gennaio, a Teramo. Breve biografia dell'artista Guido Montauti nasce a Pietracamela (TE) nel 1918 e comincia a dipingere come autodidatta nella metà degli anni Trenta, presentando la sua prima personale nel 1936.

Nel 1946, in un soggiorno a Milano, conosce Carrà e si dedica principalmente alla pittura di stampo espressionista. Nel 1952 Montauti tiene una personale a Parigi, dove in seguito si trasferisce. In questo periodo la sua pittura, in un cromatismo molto contenuto nelle gamme, ma ricco di materia, è di forte sintesi figurativa e si muove verso un certo primitivismo. Dopo una serie di esposizioni tra Parigi, Milano e Roma, dal 1958 inizia quella che l'artista stesso ha definito la sua pittura "spaziale", di ulteriore sintesi figurale.

Nel 1963 Montauti fonda a Teramo, insieme ad altri artisti, il gruppo "Il Pastore Bianco" il cui manifesto venne in seguito pubblicato sul Corriere della Sera. Il sodalizio artistico, in cui figurano tra gli altri Alberto Chiarini, Diego Esposito e Piero Marcattili, realizza monumentali pitture rupestri nelle grotte del Segaturo. Guido Montauti, dopo una serie di altre mostre personali, intorno agli anni Settanta inizia un lungo periodo di isolamento. In quest'arco di tempo, come egli stesso sottolineava, Montauti rinnova ancora una volta la sua pittura e porta avanti una lunga e serrata ricerca che da un lato persegue una nuova immagine dell'uomo, dall'altro una nuova rappresentazione della natura.

Nel 1974 trova compimento quello che viene definito come il periodo "bianco" della pittura di Montauti, dedicato in particolare al paesaggio e comprendente numerose opere di grande impegno. L'artista si spegnerà qualche anno più tardi, nel 1979, a Teramo.

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