Roccu u Stortu

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
02 marzo 2001 00:18
Roccu u Stortu

La compagnia teatrale Krypton presenta in prima nazionale l’ 8 marzo 2001 alle ore 21.15, con repliche 9, 10, 11 marzo 2001 alle ore 21.15 ,al Teatro Studio di Scandicci lo spettacolo “Roccu u Stortu” di Francesco Suriano, regia di Fulvio Cauteruccio, con Fulvio Cauteruccio nel ruolo di Roccu e, nel ruolo del narratore un adolescente di 13 anni, Andrea Bronzi.. Lo spettacolo si avvale di musiche originali eseguite dal vivo da Peppe Voltarelli, Amerigo Sirianni e Salvatore De Siena de “Il Parto delle Nuvole Pesanti” e delle scene e luci di Giancarlo Cauteruccio.
Proseguendo idealmente sulla direttrice di “U juocu sta’ finisciennu”, ovvero “Finale di partita” di Samuel Beckett tradotto in calabrese, “Roccu u Stortu” farà convergere le esperienze attoriali e registiche di Fulvio Cauteruccio, elemento stabile del nucleo artistico della compagnia, quelle musicali di Peppe Voltarelli, Amerigo Sirianni e Salvatore De Siena de Il Parto Delle Nuvole Pesanti e quelle drammaturgiche di Francesco Suriano, tutti di origine calabrese, in una sorta di “Histoire du soldat” postlitteram, lavorando su un dialetto che fonda la sua forza proprio sulla incomprensibilità, sul carattere onomatopeico che trova per incanto la comprensibilità.
IL TESTO
Ci sono dialetti che sono sempre stati usati in teatro e nella vita, dialetti ostentati e riconosciuti dalla comunità.

E ci sono dialetti considerati "minori", celati fra le mura domestiche e la cui pronuncia è vissuta come una vergogna. Il calabrese, con la sua forza vitale, la sua ricchezza di termini e sfumature che riescono a variare nel raggio di luoghi relativamente vicini, fa parte di queste lingue oscure. Il personaggio Roccu u stortu si esprime in dialetto calabrese servendosi dei proverbi, delle filastrocche e delle sue canzoni, riuscendo a ridare, attraverso questa lingua, suoni e coloriture che sembrano rigenerarsi in un idioma incredibilmente contemporaneo.

Roccu u stortu è una sorta di monologo interiore, uno sfogo furente, un viscerale attacco all'ordine militare in guerra, una denuncia dell'ingiusto, il racconto di uno spirito libero, anarchico, come spesso in questi ultimi due secoli i calabresi sono riusciti a essere, nonostante abbiano vissuto in una terra di padroni e conquiste. Roccu un fante della brigata Catanzaro, che prima di essere soldato è uomo di paese della Calabria, una persona che vive raccogliendo le olive, frutto che in queste terre ha sempre goduto di una sorta di venerazione e rispetto religioso.

Ma Roccu è anche stortu, ovvero il pazzo di paese, lo scemo del villaggio, l'uomo che ha subito un "danno" e a lui non resta che vagare per le strade della Calabria. Roccu racconta la sua storia della grande guerra, coi suoi "poveri" mezzi, usando il dialetto calabrese e spesso cambiando ruolo in un balletto delle parti. Il raccoglitore di olive parte per la guerra con la vana speranza di tornare vincitore e proprietario di un pezzo di terra e quindi di potersi maritare: "Jeu figghiu di 'nu contadinu e di una raccoglitrice di aliva,(...) avia a fari a guerra".

Ma l' "irrealtà" della guerra gli farà conoscere un'ingiustizia abnorme gli farà saggiare l'incubo che ogni soldato ha vissuto in trincea. Roccu è anche storico, uno storico che espone in italiano una semplice e terribile cronaca, della 1° guerra mondiale: l'ammutinamento e la successiva decimazione della brigata Catanzaro a S. Maria la Longa, un sacrificio che ancora oggi chiede delle risposte. "Omaccione calabrese che si avanza tra latrati di cani e urla di bambini, Roccu u Stortu reincarna l’eterna vicenda dell’uomo condannato ad un destino militare, come Svejk o il soldato dell’Histoire.

Dopo una premessa da raccoglitore di olive, eccolo imbarcato nella Brigata Catanzaro col miraggio di conquistarsi nella Grande Guerra un campo da coltivare e una moglie, mentre gli toccherà l’inferno della trincea sotto soprusi d’ogni genere prima di finire fucilato nella decimazione del suo drappello accusato di rivolta e insubordinazione. Questa infame e ben documentata epopea ce la riversa addosso lui stesso in un lungo monologo in cui, passando da un italiano burocratico ad una ricostituzione del suo dialetto vitale, assume volta a volta le figure dello storico, soldato, ufficiale, senza esimersi dall’intonare canzoni o filastrocche.

Stortu era stato l’entusiasmo per la fortuna militaresca, ma coinvolgente e atrocemente efficace ne è il racconto grazie ad una popolare povertà densa di dettagli quotidiani e di macabra ironia". (Segnalazione Premio Riccione per il Teatro 1999).
LE MUSICHE
Il Parto delle Nuvole Pesanti (formazione emergente nel panorama della musica italiana, grazie anche al successo dell’ultimo album “Sulle ali della mosca” Lilium/Sony 2000 e candidata al Premio Italiano Musica come gruppo rivelazione) fin dall’inizio della sua storia ha sempre caratterizzato le sue esibizioni dal vivo in una continua contaminazione tra il rock e la tradizione etnica, cercando di dare alla propria musica una veste gestuale e un corpo mimico in grado di evocare ed esprimere l’essenza primordiale dei sentimenti.

Ciò ha consentito a Il Parto di sperimentare durante i concerti veri e propri momenti di teatro di cui il funerale collettivo della “Padronessa di Palermo” e il ballo tarantato di “Raggia” ne sono gli esempi più significativi.
L’incontro con la Compagnia Krypton e il testo “Roccu u stortu” da oggi la possibilità al gruppo di confrontarsi con una vera e propria situazione teatrale, dove musiche suonate dal vivo direttamente sul palcoscenico, non solo accompagnano e sottolineano i momenti più intensi dello spettacolo, ma interagiscono con gli attori sulla scena trascinandoli a volte verso l’orizzonte dell’improvvisazione.

La guerra che fa da sfondo alla storia di Roccu, è presente in molte canzoni di Peppe Voltarelli, Amerigo Sirianni e Salvatore De Siena de Il Parto, quali “Diserzione”, “Una giornata diversa”, ma trova il momento più esaltante in “Raggia” dove le guerre dei popoli si confondono con quella dell’uomo, dell’individuo subalterno, emarginato che urla tutta la sua rabbia in un canto arcaico ed ostinato. Per “Roccu u stortu” sono state composte alcune musiche originali cariche di tensione ritmica al limite del delirio ossessivo, e costruite sulla pulsazione di un tamburello attorno alla quale s’intrecciano i vortici sonori della fisarmonica e le voci tracciano linee belliche e a volte melodiche, quasi a voler sottolineare che anche le guerre più aspre, dure ed insignificanti possono riservare momenti di dolcezza e gesti d’amore.
L’AUTORE
Francesco Suriano, autore teatrale e sceneggiatore cinematografico, lavora per un breve periodo nella Fondazione Pier Paolo Pasolini collaborando all'edizione di alcuni film del regista.

E' redattore della rivista "Filmcritica" e pubblica numerosi saggi su alcuni volumi di critica cinematografica. Cura l'edizione di un libro sui fratelli Coen. Come sceneggiatore scrive "Oreste a Tor Bella Monaca", regia di C. Zonars e "Sud Side Story" regia di Roberta Torre. Nel 1995 al Festival di Fondi viene messo in scena un suo testo teatrale "Beatitudine e patimento". Scrive l'adattamento teatrale da un romanzo di Elio Vittorini "Il Sempione strizza l'occhio al Frejus". Nel 1999 viene segnalato al Premio Riccione per il teatro con il testo "Roccu u stortu".

Nel 2000 scrive l'adattamento teatrale tratto da "La cucina" di Arnold Wesker. Realizza una serie di cinque racconti per Radio Tre dal titolo "Benissimamente Bene" inseriti nella trasmissione "Cento Lire”.

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