Pena di morte, giustizia del nulla

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
14 settembre 2000 13:48
Pena di morte, giustizia del nulla

"Registrare una sintonia forte sui diritti umani e sul rispetto della vita (di chiunque sia, dell'innocente come del condannato) è motivo di soddisfazione per il consiglio provinciale che rappresenta modi diversi di intendere il servizio al bene comune -interviene il Presidente della Provincia Michele Gesualdi- riveliamo insieme qualcosa di non scontato, qualcosa che smentisce il luoghi comuni dello sfascio. C'è una sintonia e una prospettiva di lavoro che ci fa uscire da noi stessi e promuovere un'azione civile.

Dire no alle pena di morte e dirlo di fronte alla condanna di Rocco Derek Barnabei è ribadire proprio questo, anche quando la tentazione di far vincere l'istinto è forte. Dove c'è la pena di morte, vince l'istinto e non vince la ragione.
Qui c'è qualcosa che viene addirittura prima del cuore: i dati, infatti, dimostrano che non c'è alcun rapporto tra la pena di morte e la diminuzione della violenza e dei delitti; anzi gli studi dimostrano l'esatto contrario. Mi è dispiaciuto constatare che la posizione di un solo consigliere abbia tolto unanimità a questo nostro sforzo comune.

Ogni vita è indispensabile, anche quella di un pedofilo. Ogni vita è necessaria, anche quella di un assassino colto in flagranza di reato. Quando un uomo è disarmato e incarcerato applicare la pena di morte è commettere un delitto. Il rispetto di quella vita che si è macchiata di tutto, rifiutare di applicare ad essa la pena capitale, non significa cancellare i delitti commessi da chi è nei bracci della morte, che devono essere anzi puniti con severità. Chi soffre avendo subito gli effetti di un delitto, deve vedere giustizia e trovare accanto gente che aiuta, che consola, che costruisce un mondo migliore.

Ma questo mondo migliore non ci sarà se si inserisce la vendetta nella legge: "La legge - è stato osservato - non viene fatta per imitare la natura umana ma per correggerla e soprattutto per non trasformare, a loro volta, gli innocenti in assassini". Quando si uccide a freddo, come fa uno Stato quando applica la pena di morte, si ha sempre torto, si commette un delitto, chi tace ne è complice e, lo dico da cristiano, ci si sostituisce a Dio, quello stesso Dio che ha chiesto di perdonare dalla croce i suoi carnefici "perché non sanno quello che fanno".

Francamente, a me la fede da davvero mille motivi per dire no alla pena di morte. E' inutile starci a giocare sopra: "Non uccidere" è un comandamento assoluto. Anche quando finiscono i regimi e ci si abbandona a una vendetta mortale si ha torto. L'uccisione non risarcisce, ma abbrutisce.
Noi, poi, siamo troppo assorbiti di riferimenti americani e non ci vogliamo rendere conto che la pena di morte viene applicata, al di fuori degli Stati Uniti, per delitti che da noi o non sono ritenuti tali (come avere un'opinione) o sono punibili con ben altra pena.

La pena di morte in alcuni paesi degli Stati Uniti - alcuni, non tutti gli stati degli Stati Uniti - rappresenta l'assurdo di una visione istintiva del diritto all'interno di una democrazia, forse imperfetta, ma democrazia. Questo sconcerta, perché gli Usa appartengono al nostro vissuto e condividono tanto della nostra cultura, ma non in toto il concetto europeo-cristiano dell' "habeas corpus".
Bisogna fare cultura e aiutare il processo di dissociazione dalla violenza che le associazioni di volontariato e una cultura maiuscola (penso anche al film 'Dead man walking') stanno portando avanti.

Negli Stati Uniti si registra un forte ripensamento, che è indice di democrazia. Ma noi sappiamo benissimo che nella grandissima parte dei Paesi che ammettono nel loro ordinamento la pena capitale, essa viene utilizzata per eliminare oppositori politici o per punire delitti come la bestemmia o, ancora, per furto, per traffico, anche minimo, di stupefacenti, per uccisione di animali protetti. Io trovo disarmante che Paesi ufficialmente distinti e distanti sullo scenario internazionale, ammettano la pena di morte, comminata a persone che hanno commesso delitti da minori: alcuni Stati degli Stati Uniti, l'Iraq, l'Arabia Saudita.
Mi limito a un paio di considerazioni forse banali, ma decisive come le nozioni fondamentali che alimentano l'intelligenza.

La pena di morte si è rivelata inefficace:: l'alto numero di esecuzioni, in alcuni Paesi degli Usa come in Cina, rivela che tutte le condanne eseguite finora non sono servite a redimere, ma solo a fare crescere il numero dei morti.
L'innocenza ma anche la colpevolezza, inoltre, ha in genere il volto dei poveri, che di solito non si possono permettere un buon avvocato per difendersi.
Non è un caso che la maggior parte dei condannati a morte negli Usa sia formata da afroamericani: nel caso in cui la vittima è un bianco la pena capitale viene applicata nell'83 per cento dei casi.


In Cina quando qualcuno viene eseguito, lo Stato presenta il conto ai familiari del condannato ad esecuzione avvenuta facendo pagare loro il costo del bossolo usato per eseguire la pena di morte: in genere i condannati sono persone che non hanno ucciso nessuno.
Io non credo che si debbano fare crociate offensive contro i Paesi che hanno la pena di morte, ma credo che dobbiamo parlare con tutti usando la forza della persuasione e del confronto, la forza del travaso culturale. In questo senso propongo un confronto sulla pena di morte con i Paesi rappresentati da un consolato a Firenze, tra i quali, significativamente Stati Uniti e Repubblica popolare cinese.

L'incontro potrebbe svolgersi al più presto a Villa Demidoff. Richiede una preparazione delicata ma io credo che i Paesi non rifiutano l'occasione di un incontro sereno che - garantiamo - non avrà i tratti di un processo.
Per favorire ancora di più la crescita del grande movimento contro la pena capitale, la Provincia intende promuovere un'iniziativa a ottobre aperta a tutti in Palazzo Medici Riccardi: per 6 giorni, dal 14 al 20 ottobre, Palazzo Medici Riccardi sarà illuminato da un'immagine, ogni sera diversa, di una condanna, alla quale si affiancheranno altre iniziative e contributi di giovani per sottolineare cosa provoca nell'anima l'idea della morte.

Il 21, invece, il Palazzo si aprirà a manifestazioni artistiche, fino a tarda sera, di gruppi giovanili che diranno anche così il loro no alla pena di morte".
Questa mattina è stato inviato direttamente all’indirizzo di posta elettronica del Governatore della Virginia, Gilmore, l’appello del consiglio provinciale di Prato in cui si chiede di sospendere l’esecuzione della condanna a morte di Rocco Barnabei. Già nel luglio scorso il consiglio aveva approvato una mozione per chiedere la sospensione dell’esecuzione e l’intervento dell’Unione europea perché si giunga a una moratoria delle esecuzioni nei paesi del mondo dove ancora esiste la pena di morte.

Di seguito riportiamo il testo dell’appello del consiglio provinciale:
"Signor Governatore, Le chiediamo di intervenire per sospendere l’esecuzione della condanna a morte di Rocco Derek Barnabei. Solo Lei può farlo. Solo Lei può farlo e fermare l’esecuzione prima che sia troppo tardi. Le inviamo questa ulteriore richiesta dalla Provincia di Prato, una terra legata da solidi rapporti di amicizia con lo Stato della Virginia. La città di Prato è, infatti, gemellata con la Contea di Albemarle, così come il Comune di Poggio a Caiano è gemellato con la città di Charlottesville.

Le inviamo questa richiesta perché riteniamo che l’abolizione della pena di morte, in ogni parte del mondo, rappresenti una tappa fondamentale verso il rafforzamento della dignità umana e riteniamo, altresì, che nessun paese civile abbia il diritto di uccidere. La pena di morte non è mai giusta, qualsiasi siano gli Stati dove viene effettuata e le motivazioni per le quali viene praticata. La pena di morte è contraria allo sviluppo dei diritti umani ed al rafforzamento della dignità umana.

Signor Governatore, faccia la cosa giusta: blocchi l’esecuzione della pena di morte di Rocco Derek Barnabei.
Il Consiglio Provinciale di Prato".
Ieri è stato convocato in seduta straordinaria il consiglio provinciale di Grosseto per l'approvazione di un appello al Governatore dello Stato della Virginia, perché sospenda l'esecuzione della pena di morte inflitta a Rocco Derek Barnabei, cittadino italo-americano, il cui padre era originario di Siena. L'appello, sottoposto all'approvazione del consiglio provinciale, è il seguente:
"Al Governatore dello Stato della Virginia,
Sospenda l'esecuzione di Rocco Derek Barnabei, fermi Lei un atto comunque barbaro nei confronti di chiunque e gli salvi la vita.
Ascolti le ragioni di chi chiede ai governi di tutto il mondo di interrompere le esecuzioni capitali.
Il vero atto di giustizia nel nuovo millennio è il riscatto dell'uomo, dei suoi diritti fondamentali, inviolabili.

Tra questi il più importante è il diritto alla vita.
Faccia un passo in questa direzione. Sospenda l'esecuzione di Rocco Derek Barnabei".
L'appello è stato approvato all'unanimità.

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