Ostensione del Sacro Cingolo a Prato

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
07 settembre 2000 13:52
Ostensione del Sacro Cingolo a Prato

Sarà monsignor Piero Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, ad officiare l’Ostensione del Sacro Cingolo mariano a Prato in occasione dell’8 settembre, giorno della Natività della Vergine. L’Ostensione sarà – com’è tradizione – il momento conclusivo della giornata di festa dell’8 settembre. I riti inizieranno nella Basilica Cattedrale con le prime Messe del mattino; poi, alle 10:30 la Santa Messa solenne. La Cattedrale di Prato è chiesa giubilare e come tale è possibile ottenere, alle condizioni previste dalla Chiesa Cattolica (confessione sacramentale, Comunione, preghiere per il Papa), il dono dell’indulgenza plenaria.
Sfila al Corteggio per la prima volta il Gruppo storico in costume della Provincia di Prato.
Presentato questa mattina in palazzo Novellucci con una conferenza stampa il Gruppo (7 cavalieri con dama, a rappresentare i Comuni della Provincia, un magistrato e 3 gonfalonieri) è stato creato per accompagnare nelle cerimonie pubbliche il Gonfalone dell’ente e nasce con l’obiettivo di salvaguardare identità culturale e tradizioni del territorio pratese e di valorizzarne le risorse.

Questa mattina il presidente della Provincia Daniele Mannocci, ha sottolineato l’intenzione di “dare forma visibile con questa iniziativa all’identità del territorio provinciale, una sintesi di storia e vocazioni diverse rappresentate dai vari Comuni che lo compongono, dall’antico feudo di Vernio, a Prato libero e ricco comune medievale, ai territori medicei di Carmignano”. “Dietro alla confezione, oltretutto in gran parte artigianale, di abiti e armature (l’elmo con cimiero in oro zecchino, copia fedele di quello del cavaliere dei Regia Carmina è un pezzo unico al mondo) c’è la volontà della Provincia di farsi strumento di affermazione di realtà diverse – ha detto l’assessore all’Organizzazione Annalisa Marchi – E c’è una pubblica-zione che rappresenta un primo passo verso un’analisi storica d’insieme del territorio provinciale, che ricostruisca alcuni pezzi mancanti e colleghi meglio quelli già esistenti nel puzzle delle diverse vicende di feudi, comuni e domini”.

La chiave di lettura dei personaggi che compongono il Gruppo storico sta nello stemma provinciale che reca l’immagine del Cavaliere dei Regia Carmina di Convenevole da Prato (risalente al 1270 e simbolo dell’autonomia del libero Comune). E’ attorno a questo simbolo che ruota tutto il Gruppo i cui costumi sono stati allestiti dall’associazione “Terra di Prato” in seguito ad un meticoloso studio preparatorio e grazie alla preziosa consulenza del professor Giovanni Cherubini, ordinario di Storia medievale dell'Università di Firenze.

Ogni cavaliere porta sull’equipaggiamento i colori e sullo scudo lo stemma del Comune di appartenenza, mentre le dame recano alcuni prodotti tipici dei Comuni stessi: il vino per Carmignano e Montemurlo, l’olio per Vaiano, l’acqua della fonte Lentula per Cantagallo, il pane per Prato, la farina di castagne per Vernio e il vin santo per Poggio a Caiano.
In occasione della presentazione viene diffusa anche una pubblicazione il cui coordinamento scientifico è del professor Cherubini. I testi sono di Adriano Rigoli e le tavole di Alexandra Michelozzi e Gaia Quirini.

La ricerca sui costumi è di Alessandro Querci. “Al prepotente sviluppo economico e demografico realizzatosi soprattutto nel corso degli ultimi cento anni Prato può affiancare le sue glorie medievali, ancora una volta centrate soprattutto sul lavoro e sulle capacità imprenditoriali più che sulle grandi imprese militari – afferma il professor Cherubini nell’intervento che apre la pubblicazione – E a quella lontana età, che costituisce per i pratesi la prima manifestazione di esistenza e di ambizioni, non è strano che ci si richiami oggi per disegnare il gonfalone della Provincia e per immaginare il gruppo in costume che gli deve fare da ala”.
La chiave del gruppo storico della Provincia non poteva essere che la figura del cavaliere, quel cavaliere che dai Regia Carmina in poi simboleggia l’identità del territorio pratese.
Con ogni probabilità l’immagine del cavaliere che compare nello stemma della Provincia di Prato costituiva l’emblema della Massa di Parte Guelfa, che nel 1279 dà vita ad un nuovo regime di governo del Comune di Prato, costituito da un Capitano coadiuvato da un Consiglio di dodici pratesi.

Sappiamo che l’insegna del cavaliere della Massa di Parte Guelfa veniva usata a partire dal 1280 in parallelo al più antico stemma comunale, ma non lo sostituì mai e scomparve definitivamente all’epoca della dominazione fiorentina. L’effigie del cavaliere del resto è presente anche nel famoso affresco rappresentante un’allegoria della Giustizia Militante che decora una parete del Salone Comunale di Prato. I sette cavalieri che rappresentano i sette Comuni della Provincia, Prato, Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Vaiano e Vernio, indossano un armamento tipico del libero Comune pratese del primo Trecento, ognuno di loro dispone di un equipaggiamento che individua l’appartenenza al proprio Comune attraverso i colori utilizzati e lo stemma del Comune stesso.

Per i cavalieri l’armamento difensivo principale era costituito dal grande Usbergo formato in genere da centinaia di anelli di ferro intrecciati, che rappresentava la protezione principale della testa, del corpo e degli arti superiori con le maniche che in antico terminavamo in muffole direttamente attaccate alle maniche. Il capo era protetto poi dall’elmo, quello del cavaliere di Convenevole è anche completato da un cimiero. L’usbergo era infine ricoperto da una sopraveste o cotta d’arme che serviva anche come difesa dal freddo: senza maniche, lunga dal collo al ginocchio e serrata in vita, era sempre aperta davanti e dietro per cavalcare, spesso era decorata da motivi araldici (come i cavalieri del Gruppo Storico della Provincia).

Le armi che il cavaliere utilizzava erano una spada ed un pugnale, lo scudo in questo periodo era di foggia triangolare. I sette cavalieri sono accompagnati da altrettante dame abbigliate con abiti tipici della prima metà del Trecento, ispirati ad alcune miniature del Codice londinese dei Regia Carmina. Segue poi la figura del magistrato civile, che indossa una guarnacca, ampia e lunga sopravveste di panno di lana senza maniche bordata di pelliccia e velluto, accom-pagnato dalla sua dama e da un famiglio.

Il gruppo rappresenta l’istituzione provinciale, moderna sintesi di una lunga storia. Il magistrato costituisce il simbolo della supremazia dei mezzi di civile convivenza anche sulle armi. Il nucleo del gruppo storico è costituito infine da un gonfaloniere (che porta il vessillo provinciale) e da due distringitores, addetti alla custodia e alla tutela del vessillo.
Si tratta di figure di armati, anch’essi cavalieri, che recano sulla cotta i colori dello stemma della Provincia: il verde del campo, il rosso, l’oro, l’argento, l’azzurro.

La fascia azzurra sulla cotta rappresenta l’analoga insegna che contraddistingue il presidente della Provincia nelle cerimonie.
La nascita del Gruppo storico in costume della Provincia si accompagna con l’impegno per la promozione dell’immagine e dei prodotti pratesi. Proprio per questo le sette dame, espressione con il loro cavaliere dei diversi Comuni che compongono la Provincia, portano ciascuna un prodotto tipico. Il Comune di Prato è rappresentato dalla tradizionale bozza di pane.
Il pane pratese fin dall’antichità era apprezzato e richiesto in tutta la Toscana.

Si racconta che fosse un fornaio di Porta Santa Trinità il fornitore della Villa Medicea di Poggio a Caiano quando vi dimoravano i signori. La panetteria locale di allora vantava tutta una serie di varianti: dal pane impepato al pan biscotto, dal pan confetto al pan con l’uva e al pan di ramerino. E’ sulla scia della tradizione della panetteria che nasce una ricca produzione di dolci, tra cui i notissimi “biscotti di Prato”. La dama del Comune di Cantagallo porta l’acqua della Fonte Lentula.

La Fonte Lentula riporta all’epoca romana e alla storia più antica dell’alta Val di Bisenzio. La fine acqua di Lentula, l’unica imbottigliata nel territorio della Provincia di Prato, è stata recentemente apprezzata anche a Bruxelles nel corso di una manifestazione promossa dalla Provincia con l’obiettivo di far conoscere prodotti e tradizioni pratesi. E’ naturalmente il vino il prodotto simbolo di Carmignano. La più piccola Docg italiana, quella di Carmignano, copre meno di 200 ettari di vigneto, ma dà vita ad una vera gemma dell’enologia mondiale: quel Carmignano che già producevano gli Etruschi, che nel ‘300 Datini prediligeva, che il Redi decanta come vino degno di Giove e che Cosimo III disciplina con la prima Doc italiana nel 1716.

Forte è l’impegno della Provincia per la promozione del Carmignano, che è particolarmente apprezzato all’estero: nel mese di giugno con l’iniziativa “Di vini profumi” il prodotto delle colline del Montalbano è stato portato all’attenzione di esperti di enologia, di giornalisti di settore e di enogastronomi. E’ un altro vino, il Pinot nero prodotto nella tenuta del marchese Pancrazi, a rappresentare Montemurlo. Il caso ha giocato un ruolo fondamentale nella storia di questo vino, infatti nel 1970, quando il marchese Pancrazi volle reimpiantare i vigneti della fattoria di Bagnolo, incorse in un errore da parte del vivaista che fornì, al posto del tradizionale sangiovese coltivato in queste zone, del pinot nero.

Comincia così la storia di un grande vino, particolarmente apprezzato dagli enologi più esperti. La dama di Poggio a Caiano porta il vin santo delle cantine del Montalbano. Prodotto con uve di trebbiano e malvasia, viene realizzato con lo stesso procedimento da secoli. Qualche curiosità sul nome. Sarebbe da preferire la tesi che vede la nascita dell’eti-mologia legata al Concilio di Firenze che aveva per protagoniste la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Pare che i greci quando assaggiarono il nostro vecchio vino passito, chiamato vin “pretto”, affermarono che sembrava vino di Xantos, Ai nostri vescovi piacque questa parola che in italiano suonava come santo e che ben si adattava al vino usato per la messa.

E’ l’olio di frantoio il prodotto di Vaiano. Ai tempi di Lorenzo de Medici era molto rinomato l’olio della Badia di Vaiano, soprattutto quello ottenuto dagli olivi sopra Calcinaia, in una posizione particolarmente favorevole e indenni dalla mosca olearia. Ancora oggi la Val di Bisenzio mantiene una ricca produzione. Da ricordare che, anche con l’impegno della Provincia, presto entrerà in funzione un nuovo frantoio gestito da un consorzio di agricoltori. La dama di Vernio porta la farina di castagne.

Nella Valle del Bisenzio pane dei poveri era la polenta dolce, ottenuta dalla farina di castagne. La tradizione che lega Vernio alla produzione della farina di castagne è sempre vivacissima. Ogni anno la Compagnia della Miseria organizza la tradizionale Sagra delle Polenta, a ricordo di una carestia avvenuta nel XVI secolo, quando i feudatari sfamarono i sudditi con farina di castagne e baccalà.

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