La Fanciulla del West di Puccini conclude la stagione lirica del Maggio.

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
20 luglio 2000 15:59
La Fanciulla del West di Puccini conclude la stagione lirica del Maggio.

In questa estate fiorentina, ricca di eventi culturali, che sembra non andare in vacanza, il Maggio Musicale Fiorentino mantiene di alto livello la programmazione artistica, come questo melodramma che Giacomo Puccini scrisse su un soggetto di David Belasco e che presentò in modo trionfale nel 1910 al Metropolitan di New York sotto la direzione di Toscanini e con la presenza del tenore Caruso: fu proprio la straordinaria interpretazione del tenore a condizionare tutti gli interpreti successivi del personaggio Dick Johnson, connotandolo con una forte vocalità drammatica e facendone quasi un Otello pucciniano.

L’incursione di Puccini nella mitologia americana, cui non è estranea la situazione di forte emigrazione della sua terra natale, la lucchesia, e i racconti fantastici degli emigranti, segna una produzione musicale più libera e svincolata dai consueti canoni sintattici e semantici, quasi a voler sottolineare la dimensione mitica e fantastica di un mondo lontano e selvaggio popolato da gente semplice e passionale. Infatti la storia, piuttosto inverosimile, come inverosimili sono i protagonisti, è sostenuta da un ordito musicale assai meno melodico e cantato rispetto alle opere precedenti: è il commento orchestrale a farla da padrone.

Il direttore Yoel Levi si è mosso su questa linea di prosa musicale, imprimendo dinamismo e colore ad una linea melodica vibrante e sostenuta, che accompagna una linea vocale spezzata e tesa: tale forza orchestrale, che per Puccini doveva riecheggiare il rumore di fondo del selvaggio West, mette a dura prova il soprano, spinto in più punti quasi ad un urlo disumano. Stephanie Friede-Minnie riesce comunque a chiudere bene il triangolo composto dal baritono Marco Chingari-Jack Rance e dal tenore Lando Bartolini-Dick Johnson, in un fraseggio serrato che spesso sconfina nella declamazione.

In mezzo ai costumi e all’ambientazione oleografica del regista Puggelli e dello scenografo Del Savio, fra nevicate, spari e veri cavalli, la figura femminile di Winnie, centrale come in tutte le opere pucciniane, assume qui i tratti di una donna passionale e dura, una virago su cui viene modellato un dramma che vede al centro la redenzione di un peccatore. Se pure Winnie riesce a salvare il suo amato dall’impiccagione e ad allontanarsi per sempre insieme a lui, il finale è un triste addio alla sua terra e ai compagni di una vita trascorsa in mezzo a cow-boy e minatori: lo struggente singhiozzo finale “Mai più ritornerai…mai più…mai più” suona come una morte, come quella di Tosca e Butterfly.

(RO).

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