A Eataly Firenze la cucina tellurica di Andrea Giuseppucci

Per tutto febbraio i piatti di ricerca del giovane chef marchigiano, ospite di Farinetti da quando il suo ristorante ha chiuso a causa del terremoto

Nicola
Nicola Novelli
12 febbraio 2017 22:34
A Eataly Firenze la cucina tellurica di Andrea Giuseppucci
Foto di Miriam Curatolo

Sino al 28 febbraio Eataly Firenze ospita Andrea Giuseppucci, giovane chef marchigiano, il cui ristorante a Tolentino è rimasto gravemente danneggiato dal sisma del 30 ottobre 2016. Con il progetto “Le mie Marche”, Oscar Farinetti gli ha offerto una tourneé di alcuni mesi in giro per l’Italia nei negozi della catena. A marzo Giuseppucci sarà infatti a Torino, ad aprile poi a Milano.

Nove da Firenze lo ha incontrato per conoscere le sue proposte e la squadra di giovani che lo affianca in cucina e in sala, per tutto il mese all’Osteria di Sopra, al 22 di Via de' Martelli.

“La Gattabuia, il mio ristorante a Tolentino, è stata una bellissima esperienza -racconta lo chef- nata nel 2014 nelle ex carceri del paese. Per tre anni abbiamo sviluppato un progetto di cucina di ricerca, basata su materie prime di altissima qualità”.

La sperimentazione di Giuseppucci gli ha guadagnato in breve notorietà, sia tra gli addetti ai lavori che all’attenzione del pubblico. “Poi è arrivato il sisma di fine ottobre. Siamo stati svegliati all’alba da una scossa talmente violenta che ci reggevamo in piedi a malapena per scappare fuori casa. Ora non so che faremo. E l’opportunità offertaci da Eataly ci consente un periodo di riflessione per decidere il futuro”.

A Firenze Andrea si presenta con un menù intitolato “le mie Marche”, ma se gli ingredienti sono quelli della tradizione, la preparazione è tutt’altro che quella che ci si aspetta. Dunque nessuno resterà deluso, c’è la la tipica lasagna marchigiana, come troverete la crescia servita calda con salumi, ciauscolo e pecorino fuso. Ma il formaggio -attenti- è in emulsione per addolcirne l’aroma.

Così il Coniglio in porchetta è solo in apparenza la più classica delle portate del pranzo domenicale delle nonne. In realtà Giuseppucci ha cominciato a cuocerlo otto ore prima in un forno a bassa temperatura, farcito dall’interno dalla carne di maiale è condito con olio di finocchietto, per apprezzarne distintamente l’aroma.

Stesso discorso per il Baccalà mantecato all’Anconetana, in cui la pelle del pesce è trattata a parte, il latte è affumicato, e si introduce nella ricetta una confettura biologica di more, che ci fa assaporare il contrasto morbido/croccante, dolce/salato, grasso/acidulo. Un percorso del palato in progressione di acuti e dissonanze che si manifesta anche nei dessert, la Crema marchigiana, con crumble, caffè moka e Varnelli, o una crostata calda al limone, in cui si apprezza una delicatissima crema pasticcera di vellutata consistenza, sormontata di meringa e contenuta in un biscotto che riproducono un altro contrasto morbido/croccante.

Negli ultimi anni a Tolentino, il ristorante di Andrea Giuseppucci è stato metà del turismo gourmet, oltre che degli intenditori locali. Sui pochi tavoli, cinque, o sei della “Gattabuia”, sono stati serviti piatti speciali, che esprimevano il massimo della qualità in menù di ricerca, ben poco tradizionale. “Per Eataly ho adottato una proposta marchigiana, che ci consente di portare la cucina della nostra terra in tournée, in Italia e forse anche all’estero”.

Dopo che farà?

“Difficile dirlo. Grazie all’aiuto di Farinetti, vivo questo momento di riprogrammazione. Poi si vedrà. Tolentino è una cittadina di 22.000 abitanti -spiega a Nove da Firenze il giovane chef- adesso almeno un terzo dei tolentinati è sfollato nei campi improvvisati sulla costa. Come è successo a Camerino e nei centri circostanti. Ci vorrebbero anni per ritrovare un pubblico locale in grado di apprezzare il lavoro sviluppato alla Gattabuia”.

Per capire a fondo l’idea di cucina di Giuseppucci, bisogna spiegare che nel suo menù c’era spazio per un piatto classico come il pollo arrosto, ma sottoposto a infiltrazioni di liquidi aromatici con una siringa a uso veterinario, per insaporirne le carni prima della cottura sottovuoto e a fuoco lento nella la cenere, condito di bacche ed erbe selvatiche. “La cottura sottovuoto è una mia passione sin dai tempi della scuola alberghiera -racconta Andrea- pensi che a 14, o 15 anni chiesi ai miei genitori la macchina del sottovuoto come regalo di natale”.

Cotture a bassa temperatura, sgrassatura degli ingredienti, ma esaltazione dei picchi di sapore, contrasti lancinanti sono i cavalli di battaglia di Giuseppucci, che tiene sotto controllo ogni processo. Come nel caso del Baccalà all’Anconetana, dove deve misurare la temperatura, il livello di affumicatura del latte, senza rischiare di smantecare il sapore con la consueta ricerca di contrasto dolce/acido/amaro. “La tradizione contadina era sempre alla ricerca di calorie per alimentare il lavoro dei campi e di una cottura veloce, al limite del bruciato” stigmatizza lo chef.

Dove nasce questa filosofia?

“E’ personale. La cucina è predisposizione -spiega Giuseppucci- puoi fare un stage nello studio di un grande pittore, ma non imparerai davvero a dipingere capolavori. E in cucina se non hai il palato non c’è niente da fare. Per questo ho aperto il mio primo ristorante a 24 anni. Non sopportavo il mondo delle scuole di cucina”.

Come va a Firenze in questi primi giorni?

“Bene, il pubblico fiorentino è curioso e attento. Ma, se posso dirlo, mi piacerebbe ricevere la visita dei miei conterranei, i fratelli Della Valle. Li inviterei volentieri a provare le mie ricette, magari accompagnati dai campioni della Fiorentina, anche se tifo per la Juventus”.

Per calciatori celebri, o per le persone comuni, la cucina dell’Osteria di Sopra è aperta praticamente dalle 10 la mattina alle 22 di sera. Per un aperitivo con crescia, ciauscolo, olive ascolane e Verdiccio dei Castelli di Jesi Spumente Brut “Colonnara”. Oppure per lo show cooking del sabato, il prossimo il 18 febbraio. Ad affiancare Andrea a pranzo e a cena, in sala vanno in scena gli amici Leonardo Maccari e il barman Alessandro Belli. Il menù proposto è -apparentemente- tradizionale, ma voi al momento dell’ordinazione potete sempre chiedergli di schiacciare il piede sull’accelleratore.

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