2.800 ettari di terreni alla Regione Toscana

Redazione Nove da Firenze
Redazione Nove da Firenze
26 marzo 1999 13:54
2.800 ettari di terreni alla Regione Toscana

Aziende agricole, allevamenti, e 2.800 ettari di terreni passeranno dalla gestione del ministero delle Politiche agricole alla Regione Toscana in virtù di una sentenza del Tar. Una querelle giudiziaria lunga vent'anni si e' chiusa in questi giorni con il passaggio in giudicato di un verdetto del tutto favorevole alla Regione. Il contenzioso in questione risale al 1977. E' di quell'epoca il decreto 616 che individuava i beni immobili di proprietà dell'Azienda di Stato per le foreste demaniali che dovevano essere trasferiti alle regioni.

Un atto di decentramento che fu in parte svuotato da un decreto governativo emanato il 23 dicembre 1978 e che escludeva da questo trasferimento un gran numero di immobili. Per opporsi a quel provvedimento la Regione si rivolse al Tar del Lazio che ne riconobbe pienamente le ragioni. Ma quella sentenza non divenne esecutiva per l'appello presentata a sua volta dal governo al Consiglio di Stato. Un ricorso che ha immobilizzato per venti anni la situazione finché non e' andato in perenzione: e' accaduto in pratica che dal momento del ricorso il governo non ha dato mai impulso al procedimento.

E cosi' la sentenza del TAR e' passata in giudicato, e presto diventerà esecutiva. La Regione disporrà cosi' di quel patrimonio che le spettava, per legge, da venti anni e nel quale figurano aziende agricole sperimentali, allevamenti faunistici, un poligono militare e un gran numero di caserme e di comandi stazione del Cfs.
"E' un segnale chiaro per la burocrazia centralista -commenta l'assessore all'agricoltura Moreno Periccioli- e per tutti coloro che si ostinano a non rispettare leggi e provvedimenti orientati al decentramento.

Sarebbe triste se il federalismo dovesse imporsi solo con le carte bollate. Ma evidentemente in questo settore non ci sono alternative. il dato incredibile e' che tutti questi immobili che ci dovevano essere trasferiti gia' venti anni fa non figurano nemmeno nella bozza di decreto di riforma del ministero delle politiche agricole con la quale viene stabilito il trasferimento di beni, immobili e personale alle Regioni. Questo significa che ciò che ci doveva essere riconosciuto nel 1977, non e' neppure previsto nel 1999.

E' una situazione paradossale che dimostra, una volta di piu', quanto siano ostinate e fuori dal tempo le resistenze centralistiche in questo settore che vanno contro gli stessi atti del governo D'Alema. Tanto piu' che gia' due referendum hanno abrogato il Ministero dell'agricoltura."
Per far fronte a questo problema l'assessore ha scritto al ministro dell'agricoltura De Castro, richiedendo l'inserimento nel decreto di trasferimento di tutti i beni inseriti nella sentenza del Tar: "Il governo cosi' eviterà' di restituirceli in seguito a un provvedimento giudiziario -spiega Periccioli- E' indispensabile provvedere alla tutela del valore patrimoniale dei bei in questione, impedendo che siano posti in essere comportamenti e attività che produrrebbero l'effetto di impoverire i beni da trasferire alla Regione.

Si potrebbe infatti parlare a lungo del modo in cui molti dei beni che il Ministero trattiene vengono gestiti, con allevamenti smantellati e vigneti estirpati. E' un modo di fare che, l'ho detto piu' volte, ricorda quello che contraddistingueva i cattivi mezzadri: quello del lasciapodere".
Ecco l'elenco degli immobili da trasferire:
1- Caserme e comandi stazione nei comuni di Stia, Poppi, Subbiano, Chiusi Verna (Arezzo), Firenzuola, Sesto Fiorentino, Reggello (Firenze), Scarlino, Orbetello, Monterotondo, Massa marittima, Castel del Piano (Grosseto), Livorno, Suvereto, Bibbona, Cecina, Marciana Marina, Portoferraio, Campiglia Marittima (Livorno), Montecatini (Pisa), Siliano, Castiglione Garfagnana, Coreglia (Lucca), Fivizzano, Zeri (Massa Carrara), Castiglione d'Orcia, Abbadia San Salvatore (Siena), Sambuca Pistoiese, Cutigliano, Abetone, San Marcello Pistoiese (Pistoia)
2- Terreni di uso militare nei comuni di Pieve Santo Stefano e Chiusi della Verna (Arezzo)
3- Poligono di "Passo Rotta dei cavalli" ed aree logistiche relative nel comune di Caprese Michelangelo
4- Vivaio e annesso stabilimento lavorazione semi a Pieve Santo Stefano (Arezzo)
5- Allevamento faunistico scientifico sperimentale Orecchiella (con terreni a San Romano Garfagnana, Villa Collemandina e Pieve Fosciana in provincia di Lucca)
6- Allevamento faunistico di acclimatazione "Poggio Adorno" (con terreni a Lucca e Castelfranco di Sotto)
7- Arboreto sperimentale di Vallombrosa, nel comune di Reggello (Firenze)
8- Azienda pilota e sperimentale Formole a Caprese Michelangelo e Pieve Santo Stefano (Arezzo)
9- Complessi pilota per la sperimentazione e l'incremento dei bovini di Radicondoli-Chiusdino, Radicondoli, Monticiano e Siena
10- Azienda pilota dimostrativa e didattica Marsiliana per incremento razza bovina maremmana con terreni nei comuni di Massa Marittima, Follonica e Suvereto (Grosseto)
11- Azienda pilota sperimentale e didattica Belagaio per la salvaguardia del cavallo maremmano a Roccastrada (Grosseto)
Sulla carta i settori della pesca e dell'acquacoltura dovrebbero essere competenza diretta delle regioni marittime.

Ma in realtà le competenze, le risorse finanziarie e il personale continuano a essere gestiti centralmente dal ministero delle Politiche agricole. "Anche nella redazione di provvedimenti di grande rilevanza come il piano triennale per la pesca e l'acquacoltura non c'e' al momento alcun coinvolgimento delle Regioni. E questo costante irrigidimento centralistico -sostiene Periccioli- riguarda anche l'acquacoltura marina e i programmi e le ricerche sull'acqua dolce, settore quest'ultimo la cui competenza esclusiva e' delle Regioni.

Tutto ciò contribuisce a creare evidenti difficoltà nell'impiego delle risorse comunitarie disponibili". Secondo l'assessore il Ministero per le politiche agricole contravviene anche allo spirito dei regolamenti comunitari: in un recente parere espresso sui nuovi regolamenti comunitari su pesca e acquacoltura, infatti, esprime l'esigenza di produrre programmi nazionali, malgrado tali regolamenti siano orientati verso una programmazione regionale. Per l'assessore, all'origine di tutta questa situazione c'e' il persistente atteggiamento di chiusura delle burocrazie del ministero.

Per questo nella sua lettera, inviata anche ai colleghi delle Regioni marittime, si appella alla sensibilità e all'impegno regionalista dell'attuale ministro per definire il percorso di un passaggio ordinato di competenze e risorse finanziarie e umane dal ministero alle regioni marittime.

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